Perché le donne non denunciano?Maltrattamento femminile tra psicologia e legge

Perché le donne non denunciano?Maltrattamento femminile tra psicologia e legge

Quando si osserva il maltrattamento femminile tra la psicologia e la legge ci si chiede perché le donne non denunciano?

Secondo uno studio dell’ISTAT (Istituto Nazionale di Statistica) il fenomeno del maltrattamento femminile avrebbe assunto dimensioni preoccupanti.

Sempre più donne subirebbero violenza di ogni tipo, ma senza denunciarla.

Le motivazioni di questa resistenza non sempre appaiono comprensibili alla luce degli strumenti legali, psicologici, medici ed economici offerti alle donne che si trovano in situazioni maltrattanti.

Ci si chiede in sostanza perché le donne che avrebbero a disposizione leggi ad hoc e sostegno di ogni tipo non denuncino la violenza subita.

Perché le donne non denunciano il maltrattamento femminile?

Una delle spiegazioni suggerite per comprendere la difficoltà delle donne alla denuncia del maltrattamento è quella che vede la donna maltrattata soffrire di una vera e propria sindrome: la Sindrome della Donna Maltrattata.

La sindrome della donna maltrattata di Lenore Walker

In particolare, il primo stadio di questa sindrome sarebbe rappresentato dalla Negazione.

Le donne negherebbero agli altri, e prima ancora a loro stesse, di essere vittime di violenza.

Giustificano il comportamento del partner con scuse quali “lui lavora tanto e quando torna a casa vorrebbe solo una buona cena. Sono proprio un’ingrata”.

Quando ci si chiede perché le donne non denunciano, si devono analizzare i meccanismi psicologici e gli strumenti a disposizione delle donne maltrattate.

L’attenzione andrebbe focalizzata sulla forma di violenza più subdola, e cioè quella che si consuma all’interno delle mura domestiche.

Maltrattamento femminile: i numeri della violenza alle donne

Lo studio dell’Istat del 2006 (tra le fonti si trova la citazione per esteso) ha riguardato un campione di 25mila donne di età compresa tra i 16 e i 70 anni.

A queste donne è stato chiesto, tramite intervista telefonica, di rispondere a
domande sui diversi tipi di possibile violenza e cioè violenza fisica, violenza sessuale, violenza psicologica.

Lo studio ha anche analizzato le motivazioni alla base della rinuncia a denunciare il partner maltrattante.

I risultati dell’indagine dicono che:

  • 6 milioni e 743mila donne di età compresa tra i 16 e i 70 anni sarebbero state vittime di violenza fisica o sessuale nel corso della
    vita.;
  • il 14,3% di queste donne avrebbe subito almeno una violenza fisica o sessuale dal partner;
  • delle diverse forme di violenza, quella più frequentemente messa in atto dal partner sarebbe la fisica.

Maltrattamento femminile: il ciclo della violenza

Per comprendere perché le donne non denunciano si deve considerare un’altra cosa.

L’aspetto prevalente del maltrattamento ad opera del partner è senza dubbio la ripetitività.

Questa situazione infatti prevede un ciclo della violenza, non limitandosi gli episodi a casi singoli.

Il concetto della ripetitività come caratteristica distintiva del maltrattamento domestico ai danni delle donne fu espresso dalla Dottoressa Walker.

Affinchè si possa parlare di maltrattamento è necessario che la donna subisca almeno 2 cicli completi di violenza.

Il ciclo della violenza si caratterizza per la presenza di 3 fasi distinte e

che si ripetono immancabilmente:

  • nella prima fase vi sarebbe un accumulo di tensione emotiva da parte dell’uomo;
  • nella seconda fase questa tensione esploderebbe contro la donna;
  • nella terza fase, anche detta “fase della luna di miele“, l’uomo si pentirebbe del suo gesto tornando ad essere dolce e premuroso con la donna.

Le conseguenze del maltrattamento femminile

Le conseguenze della violenza domestica sono nella maggior parte dei casi gravi. Infatti secondo il rapporto Istat:

  • il 34,5% delle donne ha dichiarato che la violenza subita è stata molto grave;
  • il 29,7% abbastanza grave;
  • mentre il 21,3% delle donne ha avuto la sensazione che la loro vita fosse in pericolo in occasione della violenza subita.

L’aspetto sorprendente però si evince dalle risposte alla domanda se la violenza domestica sia un reato:

  • solo il 18,2% delle donne la considera tale;
  • il 44% la definisce qualcosa di sbagliato;
  • invece il 36% qualcosa che è semplicemente accaduto.;
  • nel 24,1% dei casi però le ferite riportate dalle donne sono state così gravi da richiedere il ricorso a cure mediche.

Perché le donne non denunciano nei Centri Antiviolenza?

A una prima disamina dei dati sopra descritti appare una forte dissonanza.
Sembra strano infatti che le stesse donne che riferiscono di aver subito violenza poi sembrino non considerarla tale quando si tratta di denunciarla o di rivolgersi a centri specializzati.
Sempre secondo lo stesso rapporto Istat infatti, alla domanda “ti sei rivolta a centri
antiviolenza o a strutture specializzate?”, le donne che riferivano una violenza dal partner (marito o convivente) avevano chiesto aiuto solo nel 4% dei casi.
La motivazione non sembrerebbe imputabile alla scarsa presenza di strutture di questo tipo sul territorio o alla poca efficienza delle stesse.

Da una semplice e rapida ricerca in rete la lista dei centri antiviolenza appare subito notevole, con la presenza dei centri praticamente su tutto il
territorio italiano.

Queste strutture non solo sono molto pubblicizzate, ma offrono una serie di servizi alla donna che coprono ogni sua possibile necessità, da quella medica a quella psicologica, da quella giuridica a quella economica.

Il tipo di sostegno offerto alle donne consiste in ascolto telefonico, accoglienza personale e sostegno attivo nel percorso di uscita dalla violenza.
Questo sostegno attivo si concretizza in assistenza legale con possibilità di gratuito patrocinio, sostegno specializzato di psicologhe, psicoterapeute, pedagogiste, docenti, educatrici e assistenti sociali.

Non solo; per le donne che siano riuscite a sottrarsi alla situazione maltrattante, i centri offrono aiuto attivo nell’inserimento sociale e nella ricerca di lavoro.
Naturalmente, il servizio del centro prevede anche rifugio in caso di pericolo con alloggio temporaneo presso un domicilio segreto.


Allora perché le donne non denunciano?

In effetti il punto sembra essere proprio questo.

Una volta che le donne sono riuscite a uscire dalla violenza, gli strumenti che hanno a disposizione sono numerosi e ad hoc.

Ma come fare per aiutare le donne ad uscire dal maltrattamento se le stesse non riconoscono di essere maltrattate e non denunciano?
Spesso non ci si rende conto dello sforzo psichico necessario per sottrarsi ad una situazione del genere.

Non è sufficiente ammettere a se stesse di convivere con un uomo violento;

subito dopo la presa di coscienza intervengono fattori pratici che possono apparire talmente gravosi e insormontabili da far desistere le donne in preda a quella che viene definita impotenza appresa.
I centri antiviolenza hanno colto anche questa difficoltà, ed alcuni in particolare forniscono consigli pratici affinchè le donne possano compiere il primo, fondamentale, passo: l’allontanamento.

Si spera naturalmente che nessuna donna debba aver bisogno di tali consigli, ma è fuori dubbio che gli strumenti pratici per sottrarsi alla violenza domestica esistono,

Perché le donne non denunciano? La Vittimologia del maltrattamento femminile

Tornando al rapporto Istat, solo il 7,3% degli episodi di violenza subiti è stato portato a conoscenza delle Forze dell’Ordine, ma poco più della metà dei casi (65,4%) ha visto la firma del verbale di denuncia.

Ci si chiede nuovamente perché le donne non denuncino, se dipenda da una loro stessa resistenza oppure da una scarsa assistenza trovata.

Se si guarda ai risultati delle denunce (secondo il rapporto Istat) sono pochi i casi che si concludono con l’assegnazione di una responsabilità penale a carico del maltrattante, e questo certamente può influire sulla scelta di denunciare.

Infatti solo il 27,9% degli uomini denunciati (secondo le donne intervistate) “è stato imputato per la violenza e di questi solo il 45,3% è stato condannato, mentre nel 14,2% il processo non ha avuto un esito.

Dunque i partner violenti denunciati sono stati condannati solo nell’8,3% dei casi”.
Quando si è chiesto alle donne cosa avrebbero potuto fare le Forze dell’Ordine che non avevano fatto al momento della denuncia, il 39% ha risposto “niente di più di ciò che non avessero già fatto”.
La “lamentela” più importante riguardava una carenza che in effetti non può essere
soddisfatta dall’autorità giudiziaria preposta al perseguimento del fatto illecito. Quello che chiedono le donne è in sostanza una maggiore considerazione della loro denuncia (19%), protezione e aiuto per andare via di casa (16,3%), l’arresto del partner violento (13,7%) e l’allontanamento dello stesso dalla casa condivisa (11,7%).
Appare da queste risposte la mancanza di conoscenza delle leggi che negli ultimi anni sono state emanate a tutela delle donne maltrattate.
Tuttavia, nonostante esistano indubbiamente numerosi strumenti a tutela delle donne maltrattate, non è sufficiente affermare che “basta voler uscire dalla violenza”.


La relazione maltrattante: perché le donne non se ne sottraggono?

L’aspetto caratteristico delle violenze domestiche, che non si ritrova in nessun altro tipo di crimine, è la stretta relazione tra la vittima e il reo. All’interno di una coppia esiste un “doppio legame“ che regola le azioni di entrambi, in un mutuo accordo fatto di regole più o meno esplicite.

Ciascuno permette all’altro di arrivare fin dove lo si autorizza. Quando queste regole vengono violate si può arrivare al fatto illecito, al maltrattamento.

Accanto a chi vìola le regole (e cioè il maltrattante) c’è chi tali regole dovrebbe esigerle (cioè la donna maltrattata).

La questione è proprio questa: perché la donna non si sottrae ad una situazione del genere?
Qualunque dinamica tipica di una coppia, anche e soprattutto quelle disfunzionali, nasce, vive e si alimenta con il contributo di entrambi.

Se una donna riceve per la prima volta uno schiaffo e lascia passare la cosa senza opporvisi o senza darle l’importanza che merita, per un motivo o per l’altro autorizza l’uomo a farlo nuovamente.

Capire tali meccanismi è ciò di cui si occupa la Vittimologia, e in particolare la Vittimologia Criminale, cioè la disciplina che si concentra sulle vittime di reato.

La vittimologia criminale della relazione maltrattante

Sempre nell’ottica del comprendere perché le donne non denunciano la violenza, ci si può rifare alla definizione di Karmen (2009) per cui “la vittimologia è lo studio scientifico della vittimizzazione incluse le relazioni tra autori e vittime del reato, le interazioni tra le vittime ed il sistema di giustizia penale, cioè le forze di polizia ed i giudici, gli operatori dell’esecuzione penale, e le connessioni tra le vittime ed altri gruppi ed istituzioni sociali come ad esempio nell’ambito dei media, dell’economia e dei movimenti sociali”.
Il punto è esattamente questo: non si può comprendere un evento criminoso che si consuma all’interno di una coppia senza considerare la coppia stessa.
Secondo Wallace (1998), esistono delle domande specifiche che un “Vittimologo” dovrebbe porsi, e tra queste vi sono:

  • perché e come le vittime si pongono in una situazione potenzialmente pericolosa?
  • come il sistema sociale in generale, ed il sistema penale e del controllo sociale in particolare, interagisce con la vittima?

Il maltrattamento femminile e la Teoria dei Giochi alla base dei Meccanismi Psicologici

Come già sottolineato, la maggior parte della donne non denuncia le violenze subite.

Tra le motivazioni indicate, emerge:

  • la scarsa gravità della violenza subita (64,3%);
  • il fatto che questa fosse un fatto privato (5,8%);
  • ancora il non volere che il partner venga arrestato (8,3%);
  • il timore delle conseguenze (4,9%);
  • la vergogna e l’imbarazzo (4,1 %);
  • infine il senso di colpa, il bene dei bambini, il non volere la fine della relazione.

Prendendo spunto da quest’ultima risposta, ci si chiede perché sia preferibile mantenere una relazione con un uomo maltrattante piuttosto che interromperla.
Una possibile spiegazione è quella per la quale la vittima si troverebbe all’interno di un inconscio “Equilibrio di Nash“, valutando in sostanza la migliore delle strategie possibili.

In termini psicologici ciò significa che di fronte all’eventualità della perdita di uno stato in equilibrio (un matrimonio, una casa, dei figli, un sostentamento, un accordo tra i partner o l’angoscia di abbandono), l’uscire da una situazione, seppur maltrattante, comporterebbe un investimento psichico maggiore di quanto richieda la sopportazione del maltrattamento.

Ciò non deve essere interpretato come una giustificazione per il maltrattante o tantomeno per un’accusa nei confronti della donna.

Al contrario, la riflessione sottolinea come l’attenzione alle dinamiche sottese alle relazioni disfunzionali debba essere sempre più grande.

Fonti utilizzate

DSM-IV-TR Diagnostic and statistical manual of mental disorders, American Psychiatric Pub, 2000.


ISTITUTO NAZIONALE DI STATISTICA, (2006). La violenza contro le donne, Indagine multiscopo sulle famiglie “Sicurezza delle donne”,

Karmen, A., (2009). Crime victims: An introduction to victimology. Cengage Learning

Peterson, C., Maier, S.F., Seligman, M.E.P., (1995). Learned helplessness: a theory for the age of personal control. Oxford University Press US

Ruffini, S., (2010). 25 anni di Casi di Uxoricidio e Stalking. Statistiche, Tavole, Grafici. Movente, Modus Operandi, Luogo, Esito, Rapporto con la Vittima– Congresso Nazionale dell’AMI: “Giornate Nazionali per la Prevenzione delle Violenze in Famiglia e sui Minori” (Teatro Sala Umberto – Via Della Mercede, 50 – Roma – 29 e 30 gennaio 2010).

Saponaro, A., (2004). Vittimologia: Origini, Concetti, Tematiche. Giuffrè.

Seligman, M.E.P., (1992), Helplessness: on depression, development, and death. Freeman.


Wallace, H., (1998). Victimology: Legal, Psychological, and Social Perspectives. Boston: Allyn and Bacon

Walker L.E., (1980). The Battered Woman. Harper Perennial.


Wertham, F., ( 1984). The show of violence. Garden City: Doubleday.

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