Scoprire chi mente: analisi del caso di Michele Misseri

Scoprire chi mente: analisi del caso di Michele Misseri

Scoprire chi mente potrebbe sembrare facile.

Questo perché la faccia della menzogna mostra dei segnali che gli addetti ai lavori possono riconoscere.

Tuttavia esistono molti errori nei quali si può incappare, come ad esempio il noto effetto Otello.

La psicologia della testimonianza insegna molte cose, e in questo articolo si farà un’analisi puramente accademica del caso di Michele Misseri.

Il caso di Michele Misseri e le possibili menzogne

Le notizie di cronaca relative all’efferato delitto di Avetrana hanno portato alla ribalta i decennali studi sulla Comunicazione Non Verbale applicata alla detenzione della menzogna.
Partiamo dall’irrinunciabile premessa che non si può discutere di un caso senza conoscerne i dettagli giudiziari (atti, verbali, sopralluoghi).

Tuttavia il delitto di Avetrana, che vedeva Michele Misseri reo confesso di omicidio e vilipendio di cadavere ai danni della nipote 15enne Sarah Scazzi,
presenta un quadro del tutto particolare che richiama alla memoria un altro terribile fatto di cronaca.
In questo caso e nell’omicidio del piccolo Tommaso Onofri, abbiamo due rei confessi di atroci delitti.

Questi soggetti vennero intervistati in video più volte, prima della confessione, e affermarono di essere innocenti.

Fecero anche appelli per il ritorno di vittime che sapevano essere già morte.


Michele Misseri come Mario Alessi?

Il paragone è inevitabile e solleva delle terribili domande le cui risposte, forse, sono ancora più terribili.

È possibile mentire su un fatto così atroce?

Ancora, è possibile piangere e mostrarsi disperati pur sapendo di essere gli assassini?

Infine, è possibile mentire a tutti e soprattutto a se stessi?

La risposta a ciascun interrogativo è, naturalmente, si.

Tuttavia esistono anche altre domande alle quali poter dare una risposta positiva, quantomeno incoraggiante: è possibile capire la menzogna?

Si può smascherare un criminale?

Ribadendo che il riferimento a Michele Misseri non può che essere
generico, proviamo a usare questo caso per analizzare le espressioni facciali e corporee che afferiscono a quella che viene definita Comunicazione Non
Verbale,
provando ad applicare il ragionamento all’analisi criminologica.

Scoprire chi mente con il senno di poi

Ebbene, col senno di poi è facile capire tante cose.

Chi ha potuto osservare le molte interviste rilasciate da Michele Misseri alla luce della sua confessione avrà probabilmente detto fra sè “si capisce benissimo che è stato lui”.

La domanda è: perchè si capisce benissimo?

Se fosse così facile basterebbe, per gli investigatori, videoregistrare le persone informate sui fatti per dire chi è il colpevole.
La verità è che noi effettuiamo delle attribuzioni a posteriori, e cioè stabiliamo che un comportamento è sospetto nel momento in cui il sospettato confessa.

Se invece dovessimo stabilire chi è il colpevole a priori (cioè seguendo quella che in ricerca si chiama procedura “a cieco”) non sarebbe più tanto facile.

Per spiegarmi meglio: se avesse confessato un’altra persona forse avremmo attribuito il comportamento dello zio a un reale dispiacere.
Vederlo piangere alla luce della sua confessione ci fece dire che le sue erano lacrime di coccodrillo.

Ogni atteggiamento ci appare sospetto se sappiamo che l’interessato sta mentendo.
L’essere umano ha però delle capacità (in quanto animale sociale) di percepire l’incongruenza tra quanto viene detto e il modo in cui viene detto.

Alcune persone sono più “allenate” in questo, altre si lasciano ingannare facilmente, altre ancora fingono di non capire perchè la verità
potrebbe dispacere.

Possibile che su Michele Misseri nessuno avesse dei sospetti?

Un’altra domanda che inevitabilmente ci si pone in questi casi è “ma come è possibile che nessuno avesse dei sospetti?”.

La dichiarazione della madre di Sarah Scazzi “indagate sulla mia famiglia” fece
gridare al delitto annunciato.

In realtà, e se ne parla in termini generici non riferiti alla signora in questione, a volte è più facile non capire.

Ci sono casi in cui la vittima preferisce ingannarsi, poichè la verità può portare a delle conseguenze più dolorose della menzogna.

Non è certamente questo il caso, nulla sarebbe stato più doloroso della morte di Sarah.

Immaginiamo però un’ipotetica situazione nella quale una moglie sospetti della fedeltà del marito.

Ebbene, anche se dentro di sé sa che il marito la tradisce, può illudersi che i comportamenti non siano sospetti o che dipendano da
altro, per non doverlo ammettere (Ekman 1995).

Ammettere che un familiare possa essere in realtà proprio l’assassino è spaventoso, e una forma di difesa tipica è proprio quella di negare la possibilità.

Anzi, più spaventa un’ipotesi, maggiore sarà la forza con la quale la si tiene lontana
dalla coscienza.

Nel momento in cui sospettassimo che un nostro caro potrebbe aver commesso
qualcosa di atroce, l’idea di chiederglielo apertamente (sei stato tu?) ci costringe a mettere in discussione la nostra capacità di giudicare le persone.

Questo è uno dei meccanismi che ad esempio viene invocato per argomentare la presunta ignoranza di una donna relativamente all’abuso dei suoi
figli da parte del marito.

Analisi del comportamento non verbale di Michele Misseri

Avendo a disposizione filmati nei quali Misseri parla dei fatti, è possibile
provare ad analizzare il suo comportamento non verbale, premesse alcune importanti linee guida.

E’ bene infatti tenere a mente alcuni principi fondamentali, non conoscendo i quali si rischia di commettere clamorosi errori nel tentativi di scoprire chi mente.

False Autoaccuse

Esistono, e non sono rari, casi in cui persone del tutto innocenti si accusano di tremendi delitti.

E’ accaduto a Roma all’indomani del delitto del “mostro”.

Tale Amedeo Speltrini si autoaccusò di aver ucciso la piccola Bianca Carlieri, arrivando addirittura ad avvelenarsi con l’acido muriatico.

E’ accaduto nel caso del Mostro di Foligno (Luigi Chiatti), quando Stefano Spilotros si costituì, venne creduto ed arrestato, per due omicidi che non aveva mai commesso.

Ebbene, a quanto pare non è facile scoprire chi mente.

Del resto quali potrebbero essere le motivazioni che spingono persone innocenti a definirsi mostri?

Mitomania, paranoia, deliri, senso di colpa; la letteratura psicodinamica è piena di riferimenti in tal senso.

Certo non si può dubitare di tutto e tutti, ma se esiste il reato di autocalunnia e se si richiede una perizia psichiatrica in caso di falsa autoaccusa, l’evento non è raro nè sconoscuto agli investigatori.

È per tali motivi che anche in caso di autodenuncia è necessario che vi siano riscontri investigativi.

Non è sufficiente dire “l’ho uccisa io”; si deve dire come, quando, perchè, con che arma, dov’è il corpo.
I dubbi che gravano ancora su Misseri probabilmente si riferiscono ad alcune incongruenze non spiegate.

Effetto Brokaw ed effetto Otello nel tentativo di scoprire chi mente

Per sapere se si sta mentendo bisogna prima capire come si dice la verità.
Esistono due fonti di errore molto note per chi studia il Comportamento non Verbale quando si vuole scoprire chi mente.

L’effetto Brokaw nasce dalla presunzione di voler discutere di un comportamento che si definisce “anormale” riguardo qualcuno, quando non si sa nulla dei suoi comportamenti “normali”.

L’arrossire, ad esempio, viene immediatamente associato alla menzogna: se questa persona arrossisce vuol dire che si vergogna, dunque mente.

La persona in questione invece potrebbe essere un soggetto che arrossisce continuamente, e dunque il fatto che lo stia facendo mentre lo
interroghiamo può non voler dire nulla.

Muovere continuamente le gambe quando si è seduti viene interpretato come un segno di disagio; se il nostro interrogato lo sta facendo è nervoso, dunque
mente, dunque è colpevole.

Tuttavia ci sono persone che muovono continuamente le gambe, pur
non essendo per questo criminali.

L’effetto Otello invece si definisce così proprio per il suo riferimento “Shakespeariano”: nella celeberrima tragedia Otello, geloso della bella Desdemona, ne deduce il tradimento con Cassio dalla sua disperazione che interpreta come paura di essere scoperta.

Desdemona è innocente, ma l’angoscia per non essere creduta da Otello viene scambiata da questi come una confessione di colpevolezza.

L’errore di Otello si riferisce proprio all’attribuzione di emozioni a cause diverse da quelle reali.

E’ assolutamente logico che un sospettato di omicidio (se innocente) abbia il terrore di essere incriminato.

La sua paura legittima può essere scambiata da investigatori ineseperti per
menzogna quando si cerca di scoprire chi mente e chi dice il vero.

Influenza della Cultura sulle Emozioni

Al momento della sentenza di colpevolezza, Amanda Knox, condannata per l’omicidio di Meredith Kercher, il noto delitto di Perugia, non manifestò eccessiva reazione.

Un giornalista, in presenza del padre, affermò che un innocente avrebbe dovuto disperarsi.

Per spiegare l’errore che nasce dal non considerare come la cultura può influire sulle manifestazioni emotive, riferisco quanto risposto dal padre di Amanda al tempo.

Egli disse che la reazione emotiva della figlia era perfettamente compatibile con il suo carattere (si ricordi l’effetto Brokaw); Amanda era una ragazza composta. Se il giornalista si riferiva a quello che il signor Knox definì “sceneggiata italiana” (l’esempio era riferito alle donne delle regioni del Sud Italia che mettono in scena una rappresentazione drammatica in occasione di funerali), Amanda non era così.

È sbagliato presumere che persone diverse da noi in quanto a cultura, costumi, abitudini o educazione, debbano reagire come noi, pena l’essere considerate colpevoli.

Nello scoprire chi mente attenzione alla neurologia!

Un bravo e serio studioso della Comunicazione Non Verbale, se proprio non neuropsicologo o psicologo, deve conoscere alcune fondamentali basi di fisiologia e neurologia.
Parlare di espressioni facciali presuppone che chi lo fa conosca i muscoli che danno vita a queste espressioni.

Questo perchè esistono casi, anche se non frequenti, in cui quadri patologici possono influire pesantemente sulle espressioni facciali e confondere chi non conoscesse tali quadri.

È bene sapere fondamentalmente due cose:

  • persone con danni al sistema piramidale (fascio dei nervi preposto al controllo del movimento volontario) non sono più capaci di controllare volontariamente le espressioni. Potrebbero essere virtualmente impossibilitati alla menzogna. Essi infatti sorridono in modo spontaneo quando provano un’emozione positiva ma non sono in grado di farlo su richiesta;
  • persone come i Parkinsoniani, con danni al sistema extrapiramidale, (insieme di aree corticali, nuclei e vie che contribuiscono alla motilità, alla coordinazione dei movimenti, all’equilibrio), si comportano nel modo opposto. Possono sorridere a richiesta ma non spontaneamente. Paradossalmente dunque sarebbero perfetti bugiardi

Tutto questo ci porta a parlare delle differenze tra le espressioni volontarie e quelle involontarie e delle differenze nel controllo delle stesse.

Cosa vuol dire allora, alla luce di tutto quanto detto, mentire, e come si può cercare di scoprire un bugiardo?

Analisi della Comunicazione non Verbale di Michele Misseri

Per provare a effettuare un esercizio accademico quando si vuole scoprire chi mente si può applicare il protocollo al caso di Michele Misseri.

A seguire le fasi da seguire:

Escludere una sociopatia

Quando si mente sapendo di mentire, ci si trova in una situazione psicodinamicamente conflittuale.
La mente ordina il controllo delle parole false, il corpo si lascia scappare gli indizi di questa falsità.
In sostanza avviene quella che Morris definisce “scissione forzata tra pensieri e azioni” (Morris 1982), cioè il conflitto tra quello che cerchiamo di nascondere e ciò che naturalmente cerca di uscire allo scoperto.

Questo conflitto lo si può vedere nel volto, con quelle che si chiamano microespressioni.

Lo si può vedere nel corpo, appunto con la Comunicazione Non Verbale.

Ancora, lo si può sentire nella voce con la gamma dei suoni che costituiscono il cosiddetto Paraverbale.

Così come per alcune persone è più facile controllarsi, allo stesso modo è più facile dominarsi per certe emozioni: una semplice “marachella” provoca meno apprensione di un sospetto di omicidio, e un sociopatico è in grado di controllarsi anche se sa di aver commesso delle atrocità.

Si deve pertanto partire dalla considerazione che maggiore è l’intensità dell’emozione provata e minore la capacità di dominazione del mentitore, più “facile” sarà scoprire qualche segno di menzogna.

Nel caso di Michele Misseri, se è vero ciò che diceva, la menzogna che deve nascondere è massima, e il controllo non sembra essere poi così spiccato, data la sua evidente bassa estrazione culturale.
Naturalmente una perizia psichiatrica dovrebbe escludere in lui una psicopatia con:

  • alto narcisismo;
  • mancanza di empatia per i sentimenti degli altri;
  • non raggiungimento dello stadio morale che Kohlberg definisce post-convenzionale e che ci impedisce di commettere atti che ledano la vita e la dignità altrui.

Capire la differenza tra dissimulazione e falsificazione

Si può mentire sia affermando qualcosa che non corrisponde al vero (e allora si falsifica), oppure si può mentire non dicendo qualcosa (e in questo caso si dissimula).

Nelle interviste dell’epoca si sentiva spesso Michele Misseri dire: “non l’ho fatto io, non sono stato io”.

Questo è evidentemente mentire, se pochi giorni dopo la stessa persona annuncia “sono stato io”.

Cosa analizzare per scoprire chi mente

E’ vero che abbiamo una sorta di sesto senso che ci permette di “fiutare” un comportamento sospetto, quel sesto senso che ci fa dire che una persona non ci convince del tutto.

Tuttavia se si vuole effettuare una seria analisi del comportamento non verbale è utile fare quanto segue.

Fase I per scoprire chi mente: video senza audio

In un primo momento è utile visionare la registrazione senza l’audio.

In questo modo (poichè troppo spesso ci facciamo ingannare dalle parole) possiamo osservare tutti i segnali corporei “sospetti”:

  • scrollate di spalle;
  • fare di no o di si con la testa;
  • distogliere lo sguardo o al contrario guardare fisso;
  • toccamenti delle mani con le zone corporee (toccare il viso, la testa, il corpo);
  • sfregarsi il naso;
  • coprirsi il volto;
  • movimenti asimmetrici (un sorriso a metà, una parte del corpo alzata e l’altra no);
  • ritrarsi o incrociare le braccia.

Si deve in questa fase annotare il minuto (e secondo) esatto in cui compare il segnale e soprattutto specificare il gesto e i suoi possibili significati.

I segnali accademici di menzogna di Michele Misseri

Effettuando questa operazione per le interviste fatte a Misseri si può notare come egli spesso scuotesse la testa in segno di diniego e scrollasse le spalle, più in modo asimmetrico che globale.
Questa differenza è importante perchè la scrollata di spalle interviene quando si vuole in qualche modo buttare via ciò che si è appena detto o negare le parole.

È un cosiddetto lapsus gestuale, cioè un gesto che, come il lapsus linguae per le parole, scappa senza volerlo e rientra nella gamma dei gesti emblematici non volontari (Ekman 1995).

Il fatto che Misseri lo facesse in modo asimmetrico aumenta il significato del gesto. L’asimmetria infatti è un elemento dissonante nella nostra natura “perfetta”. Tutto ciò che non è simmetrico, regolare, speculare, è indice di qualcosa che non
funziona. Dunque annotiamo quando lo fa.
Un altro gesto emblematico che Misseri fa è il diniego con la testa.

Dire qualcosa a parole mentre si scuote la testa significa negare col corpo ciò che la bocca dice. Dunque annotiamo quando lo fa.
Ancora, lo sguardo è un elemento importante da considerare, e nello specifico la sua direzione. La direzione dello sguardo può subire dei cambiamenti a seconda delle emozioni che si provano.
Generalmente si distoglie lo sguardo dagli occhi dell’interlocutore, guardando in basso o assumendo un’espressione sfuggente quando:

  • si è tristi;
  • ci si vergogna;
  • si prova disgusto.

Il movimento degli occhi in Michele Misseri

Michele Misseri guarda spesso in basso mentre ricostruisce le scene, e ciò è compatibile con le teorie neurofisiologiche della lateralizzazione emisferica.
Secondo tale teoria (Richard Bandler, John Grinder, 1976) gli occhi si muoverebbero a seconda del fatto che il ricordo è inventato o ricostruito. Generalmente guardare in alto a destra è sintomo di menzogna poichè presuppone che l’occhio sia mosso (in virtù del fatto che l’area cerebrale che controlla il movimento è controlaterale, cioè opposta, al muscolo mosso) dall’emisfero sinsitro, deputato all’invenzione, alla costruzione, alla razionalità.

Invece raccontare un episodio guardando in alto a sinistra fa supporre che l’intervistato sia sincero perchè sta usando l’emisfero destro che è quello specializzato nel ricordo inteso come il rivivere l’evento reale.

Guardare in basso a destra (cosa che Misseri fa spesso) è sinonimo di contatto con sensazioni corporee tattili, olfattive, cinestesiche; in effetti ricorda i fatti che racconta (il ritrovamento del cellulare in particolare) perchè li ha vissuti.

C’è solo un momento in cui Misseri non distoglie lo sguardo, e lo annotiamo.

Va notato però che per molti soggetti mancini il discorso è esattamente l’opposto.
A questo punto si può notare una cosa molto interessante, e cioè uno schema corporeo che Misseri ripete continuamente: mentre sta parlando, anche se non si sente cosa dice, inizia a piangere o perlomeno mima un pianto, senza distogliere lo sguardo, fissa di sottecchi la telecamera e poi si copre il volto con le mani.

Fase II per scoprire chi mente: audio senza video – paraverbale

In un secondo momento si può ascoltare l’audio senza guardare la persona che parla.

Si possono così ascoltare variazioni nel tono della voce, se la voce si fa acuta (segno di stress) o grave (segno di tristezza), se intervengono frequenti schiarimenti o tosse, inciampi o ripetizioni, lapsus e così via.


Fase III per scoprire chi mente: sovrapposizione audio-video

A questo punto si possono sovrapporre le sequenze video e audio.
Si scopre così che ogni volta che Misseri parlava del ritrovamento del cellulare di Sarah, metteva in atto quella sequenza evidenziata prima.

Prima guardava in basso mentre ricostruiva la scena, poi alzava gli occhi e fissava l’intervistatore spostandosi dunque verso la telecamera, infine si copriva il volto
con le mani.

Si scopre anche che nelle interviste, mentre dice frasi quali “ci sono rimasto male”, “è stato un caso (il ritrovamento del cellulare)”, “il sotto era tutto bruciacchiato (il cellulare)”, “i ciondoli (del cellulare) col calore si erano staccati”, “il cuore me lo diceva”, “l’ho tenuto in mano tanto (il cellulare)”, “mi sono emozionato tanto” scuote sempre la testa in segno di diniego.


Il ritrovamento del cellulare nel caso di Michele Misseri

Relativamente al cellulare si è molto parlato del suo ritrovamento proprio da parte di Misseri.

Il fatto che Misseri abbia volontariamente fatto trovare il telefono è compatibile con le emozioni associate ad una situazione quale quella vissuta proprio da lui, e cioè essere il responsabile segreto mentre tutti cercano un colpevole.

Alcune persone convivono benissimo con il senso di colpa, ma per la maggior parte di noi questa esperienza è devastante.

Ricordiamo il racconto di Edgar Allan Poe “Il Cuore Rivelatore”, nel quale il protagonista uccide un anziano uomo e poi ne mura il cadavere.

Nel momento in cui la polizia si reca da lui alla ricerca dell’anziano, il protagonista inizia a sentire il battito del cuore oltre il muro e, non capacitandosi del fatto che nessun altro sembri sentirlo, confessa tutto proprio quando stava per farla franca. A volte il senso di colpa è talmente pressante che ci spinge a confessare.

Allo stesso modo può intervenire il piacere della beffa, il vedere che tutti
cercano l’assassino più bravo, quello che ha commesso il crimine perfetto e che nessuno riesce a trovarlo.
Questo sentimento narcisista viene scalfito quando in effetti ci si rende conto che proprio perchè si è commesso il delitto perfetto, nessuno attribuirà mai al suo ideatore il giusto merito.

Allora si forniscono degli indizi, alzando la posta.

Si lascia un segno, si gioca al gatto e al topo.

Finchè ci si spinge oltre, e l’imprudenza sommata al senso di colpa fa il resto.

Il sorriso falso: il disprezzo del criminale

C’è tuttavia un’espressione significativa da menzionare proprio a tale riguardo. Questa espressione ben si associa al comportamento di cui stiamo discutendo, e inoltre richiama il concetto di simmetria suddetto.

È un’espressione che Misseri presenta spesso: il sorriso falso.

Secondo Ekman è l’unico sorriso che mente ed è facilmente riconoscibile: coinvolge solo metà viso e non interessa i muscoli degli occhi.
Esprime disprezzo, disgusto, quasi scherno. Sembra voler dire: “Non avete capito niente, non mi prenderete mai”

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