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Maltrattamento femminile: da convenzione di Istanbul a leggi antiviolenza fino al Codice Rosso.
Ebbene sì, eccoci a parlare ancora (e sempre lo faremo) di violenza femminile e come uscirne.
Dopo aver visto cos’è il maltrattamento (con le 4 forme in cui si può manifestare), cosa si intende per ‘sindrome della donna maltrattata‘ e in cosa consiste il ‘ciclo della violenza‘, passiamo adesso all’analisi delle leggi che ci tutelano.
In questo nostro percorso, stiamo seguendo un filo logico particolare.
Se esistono (ed esistono, tanto che l’Europa ci ha elogiati) leggi e strumenti ad hoc contro la violenza femminile, perché è tanto difficile uscirne?
Dipende da diversi fattori, che affronteremo via via, ma prima concentriamoci sulle leggi.
Voglio parlarti, prima di esaminare la normativa italiana, di una convenzione specifica, molto importante.
Maltrattamento femminile: cos’è la convenzione di Istanbul e perché è importante
Nel 2011. e precisamente il 7 di aprile, il Consiglio Europeo ha scritto una convenzione a contrasto della violenza contro le donne e finalizzata anche alla prevenzione del fenomeno.
Si tratta della Convenzione di Istanbul, il primo strumento comune a più Paesi che si caratterizza per alcuni punti chiave:
- è adottato da più Paesi, e quindi prevede che la violenza sia un fenomeno transculturale, che non è limitato a un singolo territorio o cultura;
- vincola gli Stati che lo ratificano alla sua applicazione, e quindi è vincolante dal punto di vista giuridico;
- definisce la violenza alle donne come una violazione dei diritti umani.
Convenzione di Istanbul quali sono i suoi obiettivi
Questa convenzione è stata firmata da 45 Paesi. Il primo a ratificarla, cioè a trasformarla in una legge dello Stato, è stata la Turchia, Tuttavia spiace e preoccupa prendere atto del fatto che a marzo del 2021 proprio la Turchia ne è uscita.
.L’Italia ha ratificato la Convenzione nel 2013. dopo l’approvazione pressoché unitaria sia alla Camera che al Senato.
Gli obiettivi della Convenzione si possono riassumere in 3 punti, che concorrono a determinarne lo scopo finale:
- prevenire la violenza domestica;
- proteggere le vittime di questa violenza;
- punire i colpevoli,
Come dicevamo la Convenzione ritiene la violenza contro le donne una violazione dei diritti umani,
Ciò che è molto importante poi è che spinge, o meglio obbliga, ogni Paese che la ratifica, a mettere in atto politiche, mezzi, strategie, per combattere questo fenomeno in ogni forma.
Vediamo in particolare alcuni articoli della Convenzione importanti e in qualche modo ‘rivoluzionari’.
Convenzione di Instanbul: l’articolo 3 e le definizioni di genere, violenza e vittima
Ogni singola parola di questa Convenzione è importante, ma voglio portare la tua attenzione su alcuni articoli specifici.
Cominciamo con l’articolo 3, che fornisce le definizioni per partire da premesse condivise.
Per volenza alle donne si intende:
una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione contro le donne, comprendente tutti gli atti di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di compiere tali atti
Quando si parla di genere si intende:
l’insieme di ruoli, comportamenti, attività e attributi socialmente costruiti che una determinata società considera appropriati per donne e uomini.
Fermiamoci un momento perché qui si entra nel cuore della vicenda. Una donna picchiata in quanto tale sta subendo proprio una violenza di genere. Viene cioè maltrattata perché donna, e questo è inconcepibile. Si tratta del femminicidio,
Continuiamo, perché la Convenzione definisce anche i termini di ‘vittima’, ‘donna’, ‘violenza domestica e di genere’.
È vittima
qualsiasi persona fisica che subisce gli atti o i comportamenti suddetti.
È una donna
anche una ragazza di meno di 18 anni.
Parliamo di violenza domestica per intendere:
qualunque atto di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verifica all’interno della famiglia o del nucleo familiare o tra attuali o precedenti coniugi o partner,
Infine, la violenza è di genere quando ci troviamo davanti a :
qualsiasi violenza diretta contro una donna in quanto tale, o che colpisce le donne in modo sproporzionato.
L’aspetto positivo è che la Convenzione impegna ogni Stato a introdurre nel proprio codice penale reati specifici e a perseguirli.
Molto importante per il discorso che stiamo facendo è anche l’articolo 12.
Convenzione di Istanbul: l’articolo 12 e la lotta agli stereotipi che vogliono la donna inferiore
All’articolo 12 la Convenzione dice:
Le Parti adottano le misure necessarie per promuovere i cambiamenti nei comportamenti socioculturali delle donne e degli uomini, al fine di eliminare pregiudizi, costumi, tradizioni e qualsiasi altra pratica basata sull’idea dell’inferiorità della donna o su modelli stereotipati dei ruoli delle donne e degli uomini.
Ecco il vero cambiamento ed ecco la forza della Convenzione, ed ecco perché gli Stati che non aderiscono o che se ne tirano fuori perdono una grande occasione di civiltà.
C’è anche un altro punto, precisamente il comma 4 dell’articolo 12 che voglio portare alla tua attenzione:
Le Parti adottano le misure necessarie per incoraggiare tutti i membri della società, e in particolar modo gli uomini e i ragazzi, a contribuire attivamente alla prevenzione di ogni forma di violenza che rientra nel campo di applicazione della presente Convenzione.
Come dico sempre, per sconfiggere la violenza contro le donne è necessario l’aiuto degli uomini.
Passiamo adesso alle leggi italiane.
Le leggi italiane contro il maltrattamento femminile: ci sono ma non si applicano
Passiamo adesso alla legge italiana contro la violenza femminile.
In Italia sono molte le leggi in tal senso, peccato che, e anticipo il problema:
- non vengano applicate o vengano applicate in parte,;
- le fasi del processo civile e penale sono spesso in disaccordo o comunque non coordinate;
- la popolazione pensi quindi che non ci siano o che vengano applicate male.
Lo dice in effetti una ricerca Ipsos, che mostra come ben il 71% degli intervistati non conosce le leggi a contrasto della violenza, e ben il 75% di quelli che le conosce le considera non efficaci.
È un dato impressionante, anche perché in realtà secondo uno studio condotto da ‘Il Sole 24 Ore’, l’impianto normativo italiano in tale settore è sufficiente. Lo si è dedotto analizzando il lavoro di:
- associazioni a tutela della donna;
- avvocati che le assistono;
- magistrati che perseguono i colpevoli.
Cosa manca allora? Sostanzialmente due cose:
- coordinamento tra processo civile e processo penale
- tutela della donna dopo la denuncia,.
Il problema quindi, per dirla in termini semplici, è che la legge c’è ma non si applica.
Ma perché? Fondamentalmente perché manca una formazione specifica per chi lavora in questo settore (operatori sanitari, forze dell’ordine e addirittura avvocati e magistrati).
Lo dimostra un dato per tutti: secondo il Csm nelle Procure ci sono delle sezioni speciali riservate al fenomeno della violenza femminile, ma solo nel 31% dei casi.
Passando ai Tribunali, la percentuale scende al 17%.
Questo vuol dire che una donna, se trova la forza di denunciare, deve sperare di finire nelle mani giuste! E tutto questo è inaccettabile.
Le leggi italiane contro il maltrattamento femminile: quali sono e cosa prevedono
Cominciamo quindi a vedere quali sono gli strumenti a disposizione delle donne.
Il Codice Penale
Si comincia naturalmente con il Codice Penale, In particolare la legge del 15 febbraio 1996 n. 66 ‘ Norme contro la violenza sessuale‘ modifica il Codice. In che senso?
Fino a quel momento infatti i reati come quelli sessuali venivano considerati delitti contro la morale e il buon costume. Da quella data invece furono rubricati come ‘reati contro la persona’. Anche i reati prima detti ‘violenza carnale’ e ‘atti sessuali’ adesso vengono chiamati con il loro nome: ”violenza sessuale’. Fu introdotto anche il reato più grave di ‘violenza sessuale di gruppo’.
Legge 269/1998
Questa legge, denominata ‘ Norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danno di minori quali nuove forme di riduzione in schiavitù‘, prevede che i minori, in particolare le bambine e le ragazzine siano tutelate da una nuova forma di schiavitù, quella appunto dello sfruttamento a fini sessuali.
Non sono di poco conto queste modifiche, perché se è vero che questi fenomeni sono sempre esistiti, definirli con nuovi termini giuridici li rende maggiormente perseguibili e punibili.
Legge 154/2001
Ecco un’altra legge importantissima, quella del 5 aprile 2001, definita ‘Misure contro la violenza nelle relazioni familiari’. In questo caso c’è da specificare che questa legge non ha introdotto nuovi reati, ma piuttosto nuove punizioni.
Con questo strumento infatti si è modificato il Codice Civile e anche quello Penale.
In sostanza, fino a questo momento un indagato per reati contro un famigliare non doveva essere messo in custodia cautelare in carcere a meno che non avesse commesso un altro reato.
Al massimo il Giudice poteva appellarsi all’articolo 283 del Codice di Procedura Penale, che regolava l’obbligo o il divieto di dimora. Da quel momento in poi invece, si prevede anche ‘l’allontanamento familiare’ e il trasferimento di parte del reddito dell’imputato al danneggiato.
Ecco che il Codice Civile e quello Penale sembrano finalmente dialogare. Appunto: sembrano.
D.P.R. 115/2002
Poiché uno dei limiti delle donne che vorrebbero denunciare (specialmente se sottoposte a maltrattamento economico) è il denaro, l’articolo 76 al comma 4-ter del D.P.R. in oggetto è stato accolto con molto favore.
In questo Decreto del Presidente della Repubblica infatti, definito ‘ Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia’, si stabilisce che le donne vittime di violenza di genere possano essere assistite in gratuito patrocinio laddove ne esistano i requisiti.
Tutto bello. Andiamo avanti.
Legge 38/2009
Arriviamo così alla famosa legge ‘anti stalking’ del 23 aprile del 2009, meglio definita come ‘Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori’.
Voglio portare la tua attenzione su un dato: fino al 1981 era in vigore l’articolo 587 del Codice Penale, che diceva:
la pena è ridotta per chiunque cagiona la morte del coniuge, della figlia o della sorella, nell’atto in cui ne scopre la illegittima relazione carnale e nello stato d’ira determinato dall’offesa recata all’onor suo o della famiglia .
Questa era la legge.
Con il testo anti stalking (chiamiamolo così per brevità), si modifica il Codice Penale, Nello specifico, tra le altre cose, si introduce l’articolo 612-bis che definisce proprio il reato di stalking,.
In quel provvedimento si prevedevano anche le azioni che la donna poteva fare, a dimostrazione che gli strumenti, ancora una volta, c’erano. In particolare, la donna poteva sporgere querela, recandosi presso una caserma o un commissariato, denunciando il persecutore.
Allo stesso modo però le forze dell’ordine avevano la facoltà di procedere d’ufficio, cioè autonomamente senza che venisse fatta querela, se venivano a conoscenza di un reato grave correlato allo stalking per il quale è prevista la procedibilità.
C’era anche la possibilità di non arrivare a querela ma di chiedere un ammonimento.
Se la donna doveva denunciare ma non voleva fare querela, poteva chiedere l’intervento (atto amministrativo e non penale) del Questore che convocava il soggetto e lo invitava a smettere.
Pur nell’importanza di questa legge, si capisce subito come:
- la donna deve denunciare un uomo dal quale poi torna;
- una vittima può trovarsi davanti alle resistenze delle forze dell’ordine che cercano di ‘mediare’;
- l’uomo molto probabilmente si vendicherà.
Legge 77/2013
Arriviamo poi alla ratifica della Convenzione di Istanbul, cioè all’introduzione nel proprio sistema legislativo delle linee guida della Convenzione stessa. Ciò che ha portato infine alla
Legge 119/2013
La legge in questione è uno strumento di contrasto alla violenza di genere, anche detta legge contro il femminicidio.
Naturalmente il femminicidio viene punito come un omicidio, e anche l’uccisione dell’uomo resta giuridicamente uguale. Il punto non è questo.
I fattori chiave sono 3.
Primo: aggravanti
La legge, per quanto riguarda il reato di stalking, minacce, percosse, violenza, prevede un’aggravante se:
- la donna vittima di persecuzione è incinta;
- c’è o c’è stata una relazione tra i due.
Per quanto riguarda la violenza sessuale, vigono le stesse aggravanti.
Secondo: l’allontanamento
Un’altra prerogativa della legge è quella dell’allontanamento del maltrattante. La Polizia Giudiziaria, autorizzata dal P.M., può infatti disporre che chi è sorpreso a:
- violare gli obblighi di assistenza familiare;
- abusare dei mezzi di correzione o di disciplina;
- minacciare;
- compiere atti di stalking o violenza;
- effettuare atti relativi alla prostituzione e alla pornografia in danno di minori
possa essere allontanato dalla casa familiare e il Pubblico Ministero può anche procedere per direttissima contro di lui.
Abbiamo poi sempre l’ammonimento, con o senza querela, e cosa molto importante il gratuito patrocinio a prescindere dal reddito.
Senza considerare poi che chi viene allontanato, secondo questa legge, può essere controllato con intercettazioni telefoniche e l’uso di un braccialetto elettronico.
Passiamo infine alla
Legge 69/2019
Il 19 luglio del 2019 è stata promulgata la legge definita ‘Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere’ già denominata ‘Legge sul codice rosso‘.
In sintesi, questo ultimo strumento è stato pensato sull’impronta del codice rosso che ci viene in mente se associamo la situazione di maltrattamento a quella di ospedale.
Il codice rosso prevede quindi diversi step, tutti finalizzati allo snellimento e alla velocizzazione della presa in carico della vittima.
- il processo penale deve essere più veloce;
- la Polizia Giudiziaria deve informare anche oralmente il magistrato non appena viene a conoscenza del reato;
- il P.M., ravvisato il delitto di violenza domestica e di genere, entro 3 giorni dalla notizia di reato iscritta nel registro, deve procedere all’assunzione delle informazioni dai soggetti coinvolti;
- le indagini devono partire senza indugi, affidate alla P.G.
Ci sono poi 4 importanti nuovi reati previsti da questa legge:
- diffusione illecita di immagini esplicite senza consenso – revenge porn;
- deformazione della persona con lesioni permanenti al viso – sfigurare con l’acido;
- costrizione o induzione al matrimonio;
- violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare.
Come abbiamo dunque visto, le leggi ci sono.
Allora perché è ancora tanto difficile uscire dalla violenza?
Continueremo a parlarne, e nei prossimi articoli analizzeremo le motivazioni psicologiche.