Autopsia psicologica: cos’è e come si applica

Autopsia psicologica: cos’è e come si applica

L’autopsia psicologica è uno strumento poco o per nulla usato in Italia, e non si sa a volte nemmeno cos’è e come si applica.

Invece tra le tecniche di profiling impiegabili sulla scena del crimine si caratterizza per essere uno strumento utile in caso di morti sospette.

In particolare si applica per discriminare tra omicidio, morte accidentale o suicidio.

Autopsia psicologica: cos’è e come si applica

autopsia psicologica cos'è e come si applica

In premessa si ritiene necessario procedere con la definizione dell’oggetto della trattazione, cioè dell’autopsia psicologica.

In accordo con i primi autori che si occuparono del fenomeno (Farberow & Shneidman, 1961) si definisce tale pratica forense come: “la ricostruzione retrospettiva della vita di una persona scomparsa, finalizzata a rinvenire tutti quegli aspetti che ne possano rivelare le intenzioni rispetto alla propria morte”. Questo include indizi sulla tipologia del decesso e su quanto eventualmente lo stesso soggetto possa aver partecipato alle relative dinamiche.

Il tutto serve per formulare ipotesi sui motivi per i quali si è verificato il decesso in quel momento e in quel frangente.

Autopsia psicologica: cos’è e come si applica la forma di perizia post-mortem

Stiamo parlando quindi di una forma di perizia effettuata post-mortem.

Tale forma si usa per ricostruire in senso retrospettivo la vita di un individuo.

Lo si fa tramite la raccolta di indizi rilevabili da tutti coloro che possano essere stati coinvolti nell’evento, sia direttamente sia indirettamente.

La raccolta delle informazioni riguarda anche il vissuto della vittima.

Questo riguarda il periodo precedente l’evento, nonché i suoi tratti di personalità, le sue dinamiche relazionali e il suo stile di vita.

La finalità è quindi quella di chiarire la causa di morte in eventi sospetti (Merzagora, 2019).

Gli studi di Farberow & Shneidman sull’autopsia psicologica

Quando si tratta dell’autopsia psicologica per capire cos’è e come si applica è necessario partire dalle prime teorie.

I primi studi sul tema del suicidio sospetto si devono agli autori Farberow e Shneidman.

Gli autori strutturarono gli studi in materia secondo il metodo scientifico, reperendo e analizzando casi di suicidio relativi ai precedenti 50 anni.

L’intento era quello di standardizzare il metodo di studio tramite la creazione di un protocollo.

Ne nacque un metodo che prevedeva un’intervista a 16 aree inerenti le principali aree di vita del soggetto.

Shneidman tenne a precisare tra l’altro quanto segue:

laddove vi sia un decesso si tende a procedere tramite 4 tipologie di indagini, che individua nelle forme di:

  • autopsia;
  • indagine forense;
  • rapporti statistici;
  • e autopsia psicologica.

Nello specifico, l’indagine forense e il rapporto statistico, secondo l’autore, vengono spesso confusi con l’autopsia psicologica (Shneidman, 1994).

Le premesse teoriche dell’autopsia psicologica

È necessario chiarire nel modo più puntuale possibile le premesse teoriche da cui nasce tale protocollo oltre che la metodologia di svolgimento.

L’autopsia psicologica nacque negli Stati Uniti nella metà del secolo scorso.

Al Centro Prevenzione Suicidi della città di Los Angeles venne chiesto di effettuare delle indagini accurate volte a chiarire la grande quantità di decessi ufficialmente dovuti a overdose (Bonicatto, Garcia Pèrez & Rojas Lòpez, 2006).

In seguito a quel primario interesse si svilupparono le ricerche di Shneidman e Farberow.

Gli autori erano psichiatri e fondatori del suddetto Centro di Prevenzione.

Il loro primo modello operativo, poi ampliato e ancora oggi impiegato negli Stati Uniti, mirava a stabilire fondamentalmente perché un soggetto si era suicidato.

Inoltre ci si chiedeva:

  • qual era il rischio che lo avrebbe portato al gesto;
  • se aveva ricevuto cure adeguate alla situazione, oltre alla domanda dirimente se si era davanti a un reale suicidio o meno.

Da allora sono stati moltissimi gli studi che si sono occupati del suicidio in maniera sistematica.

Lo studio del 1989 su 500 casi di autopsia psicologica

Nel 1989 uno studio pubblicato sul Journal of forensic sciences (Litman, 1989) ha esaminato 500 autopsie psicologiche su morti equivoche, la cui diagnosi differenziale era tra suicidio e incidente, con il fine di accertare i fattori significativi di discriminazione tra queste due fattispecie.

I fattori, nello studio. variavano per la loro importanza relativa a seconda del ruolo che si riteneva avessero avuto nella determinazione della morte.

I fattori significativi rilevati furono:

  • lo stile di vita;
  • eventuali fattori di stress recente;
  • intenti manifesti di suicidio;
  • precedenti comportamenti autodistruttivi;
  • storia di depressione;
  • rilievi autoptici tra i quali presenza di grandi quantità di farmaci nel sangue

Quando e come si applica l’autopsia psicologica

Tale procedura viene applicata quando vi sia il dubbio di una morte sospetta.

Non è raro del resto che si cerchi di far passare un crimine per qualcosa che non è: si pensi alle frodi assicurative in cui il contraente per avvantaggiare il beneficiario della polizza in caso morte simuli un decesso naturale (Bernstein, 2011).

Laddove vi sia una morte in seguito alla quale determinati beneficiari possono entrare in possesso di ingenti somme di denaro, le compagnie assicurative sono obbligate a svolgere tutti gli accertamenti utili a disconfermare l’ipotesi della frode. Sempre più spesso vengono quindi eseguite (negli Stati Uniti) autopsie psicologiche da parte di periti delle assicurazioni ogni qual volta ci si trova davanti a una morte “equivoca” (Bernstein, 2011).

Si pensi ancora allo staging o camuffamento sulla scena del crimine laddove un assassino cerchi di far passare il suo reato per un suicidio.

Infine si pensi ai casi in cui, mosso da pietas, un parente o un amico del suicida (magari trovato in situazioni imbarazzanti) ne camuffi il suicidio a protezione della sua immagine.

Anche nei casi di overdose possono esservi delle domande inespresse cui invece è bene dare seguito: davvero è stata una fatalità o vi era un intento suicidario (o si tratta come detto di staging)?

Si pensi anche ai casi di istigazione al suicidio, o ancora del possibile ruolo svolto dalla vittima, che poteva essere consenziente o addirittura provocatrice (Merzagora, 2017).

L’autopsia psicologica si applica anche a scopo preventivo

Oltre che per uno scopo chiarificatore (soprattutto nei casi in cui vi possa essere un fine pecuniario) l’autopsia psicologica assume anche una funzione preventiva. Laddove infatti si andassero a ricostruire il trascorso pre-mortem del soggetto e le sue caratteristiche personologiche, si otterrebbero delle informazioni utili da declinare nei contesti potenzialmente simili.

Si pensi ad esempio ai suicidi in carcere o a quelli tra gli adolescenti, per i quali l’autopsia psicologica si può impiegare come uno strumento aggiuntivo per individuare i fattori di rischio e di prevenzione (Spellman & Heyne, 1989).

Non si dimentichi poi l’effetto terapeutico che tale procedura può avere sui sopravvissuti che in questi casi si addossano la responsabilità dell’accaduto o si accusano di non essersi accorti di nulla.

L’elaborazione dell’evento può giovare grandemente delle risultanze di questa procedura, perché diventerebbe se non più facile quanto meno più comprensibile il motivo del gesto del suicida.

Ecco allora che l’autopsia psicologica si applica laddove vi sia la necessità di ricostruire il periodo pre e peri-mortem, con lo scopo di capire cosa l’individuo abbia pensato, provato e agito prima dell’evento.

Questo viene messo in relazione con:

  • i suoi comportamenti abituali o meno;
  • la sua personalità;
  • il suo consueto stile di vita;
  • le relazioni;
  • eventuali dinamiche critiche;
  • in generale il suo modus vivendi.

Chi può effettuare l’Autopsia Psicologica

L’applicazione di questa procedura richiede naturalmente delle competenze di natura prettamente psicologica, ancor meglio se declinate nell’ambito delle conoscenze della psicologia della testimonianza.

Il motivo è che si svolge anche con i parenti e i conoscenti della vittima ai quali si chiede di rammentare dettagli sui quali l’emotività e il trauma influiscono anche pesantemente.

Tuttavia questa tecnica è assai utile e promettente, come emerge anche da recentissimi studi.

Nel 2023 è stato condotto ad esempio uno studio volto a fornire una panoramica del metodo di ricerca dell’autopsia psicologica, compresa la sua metodologia, l’uso, le inevitabili considerazioni etiche e quindi le possibili limitazioni (Bhushan et al., 2023).

Il metodo dello studio ha previsto un’indagine su un campione di N= 35 casi di suicidio.

Le informazioni sono state raccolte da più fonti, tra le quali figuravano:

  • familiari;
  • amici;
  • medici;
  • psicologi e/o psichiatri.

La ricerca ha assunto un quadro di tipo qualitativo e quantitativo per l’analisi delle informazioni raccolte.

I risultati cui sono pervenuti gli autori hanno indicato come al suicidio si associno diversi fattori, tra i quali figuravano ad esempio:

  • problemi di salute mentale;
  • eventi di vita stressanti;
  • conflitti interpersonali;
  • abuso di sostanze;
  • storia di precedenti tentativi di suicidio.

Tali risultati si pongono come utili strumenti nell’ottica della strategia di prevenzione del suicidio, soprattutto per quanto attiene il settore sanitario dei problemi di salute mentale e quello sociale.

Autopsia psicologica: cos’è e come si applica il metodo

La prima cosa da specificare a proposito della metodologia sull’autopsia psicologica è che, oltre al protocollo, la tecnica prevede una competenza specifica in determinate materie.

Si tratta naturalmente e in primo luogo della psicologia della testimonianza, laddove sia necessario aiutare il soggetto a rammentare fatti e recuperare ricordi potendoli distinguere da quelli falsi.

Non solo, è necessario anche che l’esperto che esegue il protocollo sia allenato all’evitamento delle cosiddette domande suggestive.

Infine, dato rilevante, chi interagisce con parenti e famigliari di deceduti in situazioni sospette dovrà essere dotato di empatia per poter accompagnare l’altro nella fase dell’elaborazione del lutto.

Il protocollo dell’autopsia psicologica

Prima di analizzare il protocollo partendo dagli studi di Shneidman e Farberow del 1961, si ritiene opportuno fornire una breve legenda che servirà a interpretare più correttamente quanto segue.

In primo luogo si consideri che il protocollo prevede la somministrazione di interviste a soggetti che sono coinvolti profondamente e a vario titolo con il defunto.

Questo vuol dire che con famigliari, amici, eventualmente genitori, figli, coniugi e chiunque fosse vicino al soggetto deceduto, si deve operare considerando i possibili meccanismi di difesa messi in atto e il lutto in corso.  

In secondo luogo il protocollo prevede la consultazione di tutta la documentazione medica utile per accertare la presenza di eventuali patologie o comunque situazioni cliniche rilevanti.

Accanto a tale documentazione è necessario esaminare ogni scritto prodotto dal soggetto, ivi incluse mai, lettere, corrispondenza, fino a includervi poesie o diari personali.

Naturalmente laddove siano presenti note di suicidio o ultimi messaggi, questi andranno esaminati in maniera particolarmente scrupolosa per eseguire una diagnosi differenziale con eventuali tentativi di staging. A tal proposito si noti come il fatto che non vi siano note di suicidio non sarà dirimente per escludere il suicidio stesso

Il MAPI: Modelo de Autopsia Psicologica Integrado

Il Modelo de Autopsia Psicologica Integrado effettuato a Cuba ha rilevato proprio come i casi in cui sono presenti lettere di addio sono minoritari in termini di percentuale (Merzagora et al., 2017).

Il modello cubano peraltro, sviluppato negli anni ’60, è stato integrato e perfezionato nonché validato con ricerche svolte agli inizi degli anni ’90, risultando a oggi il più completo (Bonicatto, Garcia Pèrez & Rojas Lòpez, 2006).

I 16 item di Shneidman & Farberow dell’Autopsia Psicologica

Ciò detto, gli item proposti da Shneidman e Farberow (1961) si riassumono come segue:

– informazioni circa l’identità del soggetto;

– i dettagli della morte come desunti dai verbali di polizia;

– la storia personale attinente eventuali malattie, terapie e anche eventuali tentati suicidi;

– la storia dei decessi in famiglia;

– il tipo di coping, quindi di gestione dello stress;

– eventuali tensioni riportate nell’ultimo periodo:

– eventuale assunzione di alcool e droghe e stile di vita;

– le relazioni interpersonali;

– le fantasie

– i sogni e gli incubi;

– i pensieri e le preoccupazioni del soggetto in relazione alla morte, agli incidenti o al suicidio;

– eventuali cambi di abitudini o del regime alimentare, o routine di vita comprese quelle sessuali subito prima della morte;

– la visione di vita, quindi obiettivi e desiderata;

– il ruolo del soggetto nella propria morte;

– il cosiddetto tasso di relazione letale degli informatori sulla morte del soggetto;

– infine ogni commento o annotazione personale utile.

Il modello di Autopsia Psicologica integrato di Young

Particolarmente rilevante è l’apporto di un altro autore, e nello specifico di Young (1992), il quale sviluppò un approfondimento dell’autopsia psicologica tramite un modello che puntava a standardizzare in modo più accurato la procedura di raccolta delle informazioni.

Partendo quindi dal precedente lavoro di Shneidman e Farberow (1961) propose l’inclusione di 26 categorie di indagine retrospettiva. Si tratta di:

– storia del consumo alcolico;

– note sul suicidio;

– scritti e diari;

– libri;

– valutazione delle relazioni interpersonali intercorse il giorno antecedente la morte;

– analisi dell’eventuale rapporto coniugale;

– stato dell’umore;

– fattori di stress psico-sociali;

– atteggiamenti e comportamenti attuati prima del suicidio;

– la lingua;

– eventuale storia di abuso di sostanze;

– esame dello stato mentale prima della morte;

– la storia psicologica;

– eventuali analisi di laboratorio;

– perizia medico-legale;

– valutazione delle motivazioni;

– ricostruzione degli eventi;

– pensieri e sentimenti sulla morte;

– eventuale storia militare;

– storia dei decessi in famiglia;

– anamnesi familiare;

– storia lavorativa;

– ancora scolastica;

– eventuale familiarità con i metodi di morte; – rapporti di polizia.

Analisi della letteratura sull’autopsia psicologica

La letteratura del settore ha ampiamente studiato il suicidio e i fattori di rischio a esso associato, ma si rileva un bug per quanto attiene i Paesi a maggioranza musulmana.

Tale bug non consente di ipotizzare delle strategie di prevenzione che siano condivise al di là dei fattori culturali e religiosi; per questo motivo un recente studio del 2021 si è posto l’obiettivo di colmare questa lacuna (Arafat et al., 2021).

Autopsia psicologica nei Paesi Musulani: lo studio del 2021

La metodologia di studio è consistita in una ricerca che è partita dalla raccolta di tutti gli studi di autopsia psicologica disponibili nei paesi musulmani tramite keyword “studio di autopsia psicologica nei paesi musulmani”. Sono state altresì controllate le bibliografie disponibili nei suddetti Paesi per includere tutti gli studi possibili. I risultati dello studio hanno mostrato come in questi Paesi siano stati condotti solo 8 studi di autopsia psicologica, e precisamente in:

– Bangladesh;

– Indonesia;

– Iran;

– Pakistan (2);

– e Turchia (3).

Tutti gli studi sono stati condotti in contesti urbani, e i risultati emersi hanno mostrato come la prevalenza dei disturbi psichiatrici variasse dal 52,8% in Turchia al 96% in Pakistan. In particolare si è evidenziato come gli eventi di vista stressanti, le malattie psichiatriche e l’autolesionismo fossero i fattori di rischio di suicidio più comuni. Ciò ha condotto gli autori a concludere che si può stilare, per i Paesi in oggetto (al netto delle poche ricerche fatte) un elenco di fattori di rischio simili a quelli dei Paesi occidentali.

I fattori di rischio per l’autopsia psicologica: lo studio del 2022

Ancora, uno studio del 2022 è partito dalla considerazione per la quale per poter strutturare una strategia efficace in tema di prevenzione del suicidio si debba chiaramente comprendere prima quali sono i fattori di rischio (Favril et al., 2022). Lo studio in oggetto ha analizzato 5 banche dati per identificare studi di autopsia psicologica pubblicati fino al febbraio del 2022 e che riportassero fattori di rischio per la mortalità per suicidio tra gli adulti nella popolazione generale. Il campione iniziale si componeva di N=5.633 casi e N=7.101 controlli provenienti da 23 Paesi, dai quali sono stati estrapolati dati su 40 fattori di rischio.

Si è quindi notato come i fattori clinici avessero le più forti associazioni con il suicidio, ivi incluso ogni disturbo mentale e storie di autolesionismo. Domini afferenti allo stato sociodemografico, alla storia familiare e agli eventi avversi della vita apparivano avere correlazioni più deboli. Gli autori hanno concluso che esistono diversi fattori predisponenti e precipitanti, i quali si associano al suicidio tra gli adulti della popolazione generale, ma questi mostrano una forza relativa.

L’effetto della cultura per l’autopsia psicologica: lo studio del 2020

Uno studio simile al primo citato ha voluto indagare gli effetti della cultura sui fattori di rischio per il suicidio effettuando una revisione della letteratura indiana sulle autopsie psicologiche (Menon et al., 2020). Tramite ricerca sui database MEDLINE, PubMed, PsycINFO e Google Scholar, lo studio ha effettuato una peer review al febbraio 2020 per trovare articoli rilevanti in lingua inglese provenienti dall’India. Si sono trovati in particolare 18 articoli, un caso clinico e 13 recensioni di opinioni di esperti che cercavano di fornire una descrizione della procedura. Si riportava quindi una grande variazione nei tassi di morbilità psichiatrica tra i deceduti suicidi, mentre in India gli eventi di vita stressante si configuravano come l’altro principale fattore di rischio per il suicidio.

I disturbi psichiatrici rilevanti per l’autopsia psicologica: lo studio del 2022

Un ulteriore studio si è concentrato sui disturbi psichiatrici identificati come un importante fattore di rischio per il suicidio, seppure con prevalenze diverse (Arafat et al., 2022). Lo scopo era quello di valutare la distribuzione degli studi di autopsia psicologica e la prevalenza di disturbi mentali tra i suicidi, identificando quindi i principali fattori di rischio nei paesi del sud-est asiatico. La metodologia ha previsto l’esame degli studi pubblicati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nel territorio, rimandando come risultato quanto segue: negli 11 Paesi considerati si sono trovati 14  studi di autopsia psicologica, precisamente in:

– Bangladesh (1);

– India (9);

– Indonesia (1);

– Nepal (1);

– Sri Lanka (2).

La prevalenza dei disturbi psichiatrici variava dal 37% all’88%, e in tutti i casi considerati gli eventi di vita stressanti sono stati identificati come un importante fattore di rischio.

Autopsia psicologica: limiti e considerazioni etiche

Infine, molti studi si sono focalizzati sul metodo stesso, con lo scopo di fornire una panoramica sulla metodologia di ricerca dell’autopsia psicologica, ivi incluse anche le limitazioni e le questioni etiche. Nel 2023 è stata condotta un’indagine su un campione di N=35 casi di suicidio (Bhushan et al., 2023). Le informazioni sono state raccolte da molteplici fonti e informatori tra cui famigliari, amici, medici, e sono state poi analizzate con metodi di ricerca qualitativi e quantitativi. È emerso come vi siano diversi fattori associati al suicidio, inclusi problemi di salute mentale, fattori di stress, conflitti interpersonali, abuso di sostanze e storia di precedenti tentativi di suicidio. 

Questi risultati nel loro complesso hanno implicazioni importanti per la strutturazione delle strategie di prevenzione del suicidio.

Fonti utilizzate

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