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Il caso di Sharon Verzeni, inizialmente, era stato ipotizzato come femminicidio, ma il fermo di Moussa Sangare ha cambiato la storia.
La confessione dell’uomo può configurare un’infermità mentale?
Cosa è successo quella tragica notte e cosa succederà adesso?
L’omicidio di Sharon Verzeni: la ricostruzione davanti al PM
Moussa Sangre, reo confesso per l’omicidio di Sharon Verzeni, ricostruisce i momenti del delitto.
Racconta che Sharon indossava le cuffiette e guardava le stelle.
Tanto è bastato per ucciderla, per indirizzare una prima coltellata direttamente al cuore.
Un delitto senza un movente, senza un perché, tranne quello che chiedeva Sharon mentre Moussa Sangare l’ammazzava: “perché?“.
Un perché che Moussa Sangare ha spiegato ai carabinieri di Bergamo e al PM Emanuele Marchisio.
Ha detto di essere uscito con amici quella sera ma, contrariamente al solito, “non aveva fumato hashish nè bevuto birre fino a sballare”.
L’ipotesi dello stato di coscienza alterato dunque mancherebbe.
Dopo essere tornato a casa, Moussa Sangare afferma di essere nuovamente uscito con un coltello (risulteranno poi 4) e l’idea di ammazzare qualcuno.
L’ipotesi della premeditazione appare dunque molto forte.
Da Suisio si è spostato a Terno d’Isola, minacciando due ragazzini con il coltello.
Poi ha visto Sharon che passeggiava, verso l’una di notte, e ha deciso che a morire doveva essere lei.
Le si è avvicinato in bicicletta e l’ha colpita al cuore.
Moussa Sangre: scusa per quello che ti sto per fare esclude l’infermità mentale?
Lo ha detto lui stesso: “Scusa per quello che ti sto per fare”.
Questo fa ipotizzare che sapesse cosa stava per fare.
La capacità di intendere vuol dire che il soggetto conosce il disvalore di quello che sta per commettere.
Moussa Sangare chiede scusa preventivamente, quindi sa che quello che sta per fare è sbagliato.
La capacità di volere significa che, nonostante si sappia che quello che si sta per fare è sbagliato, lo si fa lo stesso. E Moussa Sangare lo ha fatto lo stesso.
Non solo, sarebbe uscito di casa con 4 coltelli con l’intenzione di uccidere (premeditazione), avrebbe scelto una vittima a caso (futili motivi) e poi avrebbe messo in atto dei comportamenti atti a non farsi identificare (taglio dei capelli).
Inoltre avrebbe gettato il coltello usato per l’omicidio nell’argine dell’Adda, e buttato nel fiume gli altri 3.
Avrebbe anche cambiato il manubrio e i catarifrangenti della bicicletta.
La cattura di Moussa Sangare: chi è l’assassino di Sharon Verzeni
Moussa Sangare, il 31enne reo confesso per l’omicidio di Sharon Verzeni, voleva fare il rapper.
Durante l’interrogatorio di convalida del fermo ha usato infatti un linguaggio da rapper, cosa che però non è mai riuscito a diventare.
Chi lo conosce lo descrive come un tossicodipendente, che viveva in un tugurio di proprietà di un nigeriano Lì i carabinieri lo hanno arrestato..
In quel luogo sarebbe stata trovata una sagoma di cartone con la quale Moussa Sangare prendeva le misure per accoltellare qualcuno (ma lui dice che l’usava solo per “giocare”.
Nel tugurio, in cui non vi sarebbe né acqua né elettricità, Moussa Sangare viveva tra bottiglie di birra e condizioni igieniche pessime.
Nello stesso stabile vivono la madre e la sorella, che l’avevano denunciato per maltrattamenti e per aver minacciato la sorella con un coltello.