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Il 2 febbraio del 1959 il Passo Dyatlov è rimasto nella storia per un tragico incidente.
9 escursionisti, 9 ragazzi che stavano attraversando i monti Urali con gli sci hanno trovato lì la morte.
Erano partiti in 10 ma uno di loro si ritirò per problemi di salute, non sapendo che quell’abbandono gli avrebbe salvato la vita.
Cosa successe in quel luogo maledetto?
Come fu possibile che 9 escursionisti esperti si mostrarono tanto avveduti da commettere errori imperdonabili?
C’entra qualcosa il fatto che la maggior parte di loro studiavano o avevano studiato all’Istituto Politecnico degli Urali?
Perché si è insabbiato il caso per quasi 50 anni e poi risolto frettolosamente imputando la colpa dell’incidente a una valanga?
Cosa c’è di inverosimile in questa ipotesi?
I ragazzi erano nudi, contaminati da radiazioni, senza lingua e occhi, con fratture interne ma senza segni esterni.
Cosa successe davvero quella notte?
E qual è l’opinione della ricercatrice Teodora Hadjiyska, ad oggi la massima esperta del caso che ci ha gentilmente concesso un’intervista esclusiva?
Questa è la storia del mistero del Passo Dyatlov.
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Chi erano i membri della squadra che morì sul Passo Dyatlov
A partire per la spedizione sui Monti Urali, nel gennaio del 1959, furono in 10.
- Yuri Doroshenko, 21 anni, studente all’Istituto Politecnico degli Urali, ingegneria radiofonica;
- Lyudmila Dubinina, 20 anni, studentessa all’Istituto Politecnico degli Urali, ingegneria ed economia;
- Igor Dyatlov, 23 anni, studente all’Istituto Politecnico degli Urali, ingegneria radiofonica;
- Aleksander Kolevatov, 24 anni, studente all’Istituto Politecnico degli Urali, fisica nucleare;
- Zinaida Kolmogorova, 22 anni, studentessa all’Istituto Politecnico degli Urali, ingegneria radiofonica;
- Yuri Krivonischenko, 23 anni, laureato all’Istituto Politecnico degli Urali, edilizia e idraulica. Lavorava presso un impianto nucleare segreto vicino Kyshtym, e prese parte nel settembre del 1957 alle pulizie dopo un disastro di contaminazione radioattiva, il terzo più grave della storia;
- Rustem Slobodin, 23 anni; laureato all’Istituto Politecnico degli Urali nel 1958 in ingegneria tecnologica. Lavorava in una compagnia di spedizioni;
- Nikolay Thibeaux-Brignolle, 23 anni; laureato all’Istituto Politecnico degli Urali nel 1958 in ingegneria civile. Lavorava al dipartimento di costruzione di Sverdlovsk;
- Semyon Zolotaryov, il più grande, 38 anni, laureato all’Istituto di Educazione Fisica di Minsk nel 1950;
- infine Yuri Yudin, 21 anni, studente all’Istituto Politecnico degli Urali in ingegneria. Yury, per motivi di salute, dovette ritirarsi quasi subito e abbandonò la spedizione, salvandosi così la vita.
Qual era l’obiettivo della spedizione
Gli escursionisti della squadra che trovò la morte sul Passo Dyatlov volevano raggiungere la montagna Otorten, 1182 metri, in 2 settimane.
Otorten si trovava a 20 chilometri a nord dal luogo dell’incidente, ma in quel periodo dell’anno, gennaio, il percorso per arrivarci era classificato come “Categoria 3“, la più difficile.
Tutti i membri della spedizione però erano esperti escursionisti, e avevano già partecipato insieme a questo tipo di sfida.
Arrivarono tutti nella cittadina di Ivdel in treno il 25 gennaio del 1959.
Da lì con un camion si diressero a Vizhay, l’ultimo insediamento abitato allora a nord.
Il 27 gennaio sono partiti verso Otorten, ma il giorno dopo Yuri Yudin ha abbandonato il gruppo.
La spedizione vera e propria è iniziata il 1° febbraio, giorno in cui il gruppo ha percorso 4 chilometri.
Si trovavano quindi a 16 chilometri dal monte Otorten, e alle 17:00 di quel pomeriggio allestirono il campo base su un pendio.
Cenarono intorno alle 18:30, e si accordarono sul fatto che Igor Dyatlov, che era il leader del gruppo, avrebbe inviato un telegramma al loro club sportivo non appena fossero tornati Vizhay, presumibilmente entro il 12 febbraio.
Quando arrivò il 12 febbraio e non pervenne alcun telegramma, l’Istituto si allarmò, ma Yuri Yudin, che era tornato indietro, disse che secondo Dyatlov ci poteva volere più tempo per la spedizione, rassicurando tutti su quel ritardo.
Fu solo quando i parenti dei ragazzi protestarono chiedendo l’invio di una spedizione che i soccorsi si attivarono.
Era già il 20 febbraio, e i primi a partire furono studenti e volontari, mentre polizia ed esercito si unirono con aerei ed elicotteri.
Ormai, però, era troppo tardi.
Il ritrovamento della spedizione: una scoperta terrificante
Il 26 febbraio, 6 giorni dopo l’inizio delle ricerche e due settimane dopo la data prevista di rientro, ci fu la scoperta.
Si ritrovò prima la tenda abbandonata e danneggiata.
Le parole di Mihail Sharavin, lo studente che trovò la tenda, apparvero fin da subito molto strane.
“La tenda“, disse, “era mezza abbattuta e coperta di neve. Era vuota e tutti gli effetti personali e le scarpe del gruppo erano stati abbandonati“. Ma la cosa assurda era che appariva squarciata dall’interno.
Non solo, i ragazzi erano apparentemente scappati da lì dentro a piedi nudi o con i calzini, come si notava dalle impronte sulla neve, e la pista conduceva verso il limite del bosco vicino, a circa 1 chilometro e mezzo.
I primi corpi trovati sotto il cedro
I primi corpi ritrovati furono quelli di Yuri Krivonishenko e Yuri Doroshenko, vicino a un grande cedro con i rami spezzati fino a 5 metri di altezza, accanto al quale vi erano i resti di un fuoco.
Tutte le informazioni riportate sono tratte dai referti medici reperibili sul dettagliato sito creato dalla ricercatrice Teodora Hadjiyska che ringrazio e dal suo collaboratore Igor Pavlov.
Yuri Krivonishenko e le tracce di radioattività?
Si rinvenne Yuri Krivonishenko sotto il cedro, con indosso una canottiera, una camicia a quadri a maniche lunghe, pantaloni, mutande lunghe e un calzino strappato sul piede sinistro e senza scarpe.
Presentava all’autopsia lividi sulla fronte e intorno all’osso temporale sinistro.
Non c’era la punta del naso, presumibilmente asportata post mortem da un animale.
Vi era dell’epidermide della mano destra nella bocca, come se si fosse morso la mano, per tenersi sveglio forse, o magari per soffocare un grido.
Aveva lesioni anche sulla coscia sinistra, sull’anca sinistra, sul femore e la tibia. La gamba sinistra era ustionata.
Nel suo caso colpirono le tracce di radioattività rinvenute sugli abiti.
Yuri aveva preso parte alle operazioni di pulizia dopo il terribile incidente di Kyshtym, nel settembre del 1957. È davvero possibile che, con le conoscenze che aveva, indossasse abiti che sapeva essere radioattivi?
Un’altra stranezza sta nel fatto che il 24 gennaio, al momento dell’arrivo del gruppo alla stazione ferroviaria di Serov, il giorno prima dello spostamento a Ivdel, Yuri venne fermato dalla polizia per schiamazzi. Lo si rilasciò con un ammonimento che gli vietava di cantare in luoghi pubblici.
Yuri Doroshenko: ferite simili alle torture dell’NKVD?
Yuri Doroshenko, alto e robusto, si rinvenne pieno di lividi con una canottiera di cotone senza maniche, una camicia a quadri a maniche corte, pantaloncini e costume da bagno, mutande strappate con un buco di 23 cm, calzini, di cui il sinistro bruciato, e senza scarpe.
Anche i suoi capelli erano bruciati e il liquido fuoriuscito dalla bocca fece supporre un edema polmonare.
Due particolarità colpiscono:
- la prima è il livor mortis. Il medico certificò l’accumulo di sangue dovuto alla gravità che fa defluire i liquidi verso il basso nella parte posteriore del collo e del busto, ma questo non era compatibile con la posizione in cui lo si ritrovò. Qualcuno lo spostò dopo la morte?
- la seconda è la schiuma grigia che ricopriva la guancia destra, associata al liquido fuoriuscito dalla bocca. Benché il medico legale parlò di edema polmonare, la fattispecie poteva essere compatibile con qualcuno che, prima della morte, premeva con forza sulla cassa toracica. Questa pratica era in uso presso il NKVD, il Comitato per la Sicurezza dello Stato, l’allora polizia segreta di Stalin, durante gli interrogatori.
Il 27 febbraio, tra il cedro e la tenda, si rinvennero i corpi di Igor Dyatlov e di Zinaida Kolmogorova.
Igor Dyatlov e le ferite da combattimento corpo a corpo?
Igor Dyatlov, il capo della spedizione da cui prese il nome anche la tragedia, era un esperto escursionista e un abile ingegnere.
Aveva costruito una radio a onde corte improvvisata che aveva portato con sé durante la spedizione.
Igor era a 300 m dal cedro, a faccia in su, con la testa rivolta verso la tenda. Dalla neve spuntavano solo le mani chiuse a pugno davanti al petto.
Strano che la sua giacca fosse sbottonata, se stava morendo di freddo.
Il suo orologio da polso era fermo alle 5:31.
Presentava diverse ferite e abrasioni superficiali su tutto il corpo.
Particolare appariva il fatto che le articolazioni metacarpofalangee della mano destra presentassero dei lividi rosso-marroni.
Si tratta di una lesione che si rinviene comunemente nei combattimenti corpo a corpo, essendo la parte della mano che si usa per colpire.
Zinaida Kolmogorova e il livido compatibile con una manganellata?
Zinaida si trovava a circa 600 metri dal cedro, a faccia in giù, con la testa rivolta verso la tenda. Presentava diverse abrasioni sul volto, e la pelle del lato destro del viso era contusa.
Si rilevarono abrasioni anche sul dorso di entrambe le mani e su quella destra mancava una porzione di pelle.
Particolare il livido di quasi 30 centimetri x 6 sul lato destro del busto nella regione lombare, come se fosse stato usato un manganello.
Rustem Slobodin e un oggetto contundente per la frattura dell’osso frontale?
Il 5 marzo si trovò il corpo di Rustem Slobodin, a quasi 500 metri dal cedro.
Era a faccia in giù e sotto mezzo metro di neve, con la testa rivolta verso la tenda.
Indossava una canottiera a maniche lunghe, una camicia, un maglione, due paia di pantaloni, quattro paia di calzini e uno stivale al piede destro. Il suo orologio era fermo alle 8:45.
L’autopsia mostrò emorragie nei muscoli temporali, abrasioni, graffi e lividi sul volto con tracce di sangue dal naso. Aveva anche le nocche ammaccate, con contusioni anche in questo caso simili a quelle che si presentano in seguito a un combattimento corpo a corpo.
La pelle dell’avambraccio destro era stata strappata e l’osso frontale era rotto. Secondo il medico legale Boris Alekseevich Vozrozhdenniy la frattura sarebbe compatibile con un colpo inferto da un oggetto contundente.
Potrebbe essersi trattato di una caduta con la testa sopra una roccia, ma quando dopo più di 2 mesi vennero trovati gli altri corpi, le loro condizioni resero il mistero del Passo Dyatlov ancora più agghiacciante.
I 4 corpi del Passo Dyatlov: ancora radioattività e altri traumi inspiegabili
Il 5 maggio del 1959, a soli 50 metri dal cedro, vennero rinvenuti in un burrone e sotto 4 metri di neve gli altri 4 corpi.
La prima cosa che colpì gli investigatori fu il fatto che i 4 ragazzi parevano indossare alcuni degli abiti dei propri compagni, ipotizzando così che li avessero svestiti loro per scaldarsi. Per quanto terribile, si tratta di una pratica comprensibile: se un escursionista muore: i suoi abiti possono essere usati per avere una possibilità di sopravvivenza.
Tuttavia, era tutto il resto che non tornava.
Innanzitutto il coltello che aveva tagliato i rami del cedro trovati a terra, così come parte dei vestiti rinvenuti tagliati, non c’era.
I ragazzi erano in uno scavo che probabilmente avevano creato come tana per trovare rifugio e tentare di scaldarsi.
Tutti i corpi dei ragazzi che avevano preso parte alla spedizione però, tranne 3, presentavano ferite mortali, ossa fratturate come se, nelle parole dei medici legali, qualcuno li avesse investiti con un’auto a una velocità molto elevata. Ma non avevano ferite esterne.
L’esame dei 4 corpi cambiò tutto.
Ljudmila Dubinina: in ginocchio senza occhi e lingua
Lyudmila venne trovata con indosso un maglione radioattivo appartenente a Yuri Krivonischenko. I suoi vestiti, biancheria intima, due paia di calzini lunghi e due paia di pantaloni, erano composti anche da un maglione tagliato in due pezzi, di cui uno avvolto intorno al piede sinistro. Forse tentava di scaldarsi, ma le condizioni del suo corpo lasciarono gli investigatori attoniti.
Alla ragazza mancavano occhi e lingua.
Le mancavano i tessuti molli intorno agli occhi, le sopracciglia, i bulbi oculari e parte del naso, oltre alla lingua.
Era in ginocchio, con le costole rotte, come in posizione di preghiera, con una emorragia massiva nell’atrio destro del cuore.
Cosa le era accaduto? Si trovava poggiata sopra una sporgenza naturale, e l’acqua le scorreva sopra. È possibile che qualche animale le avesse mangiato la lingua così come gli occhi?
Certo, ma allora perché il medico legale in questo caso, a differenza degli altri in cui i referti furono molto dettagliati, si limitò a scrivere “manca la lingua” senza specificare se fosse stata tagliata, strappata o mangiata?
Il fatto che secondo il referto medico la ragazza fosse ancora viva nel momento in cui la lingua veniva rimossa rende tutto più spaventoso. La causa della morte accertata fu comunque “emorragia nell’atrio destro del cuore, costole fratturate multiple ed emorragia interna”.
La premonizione di Lyudmila: aveva visto qualcosa sul Passo Dyatlov?
Nel caso di Lyudmila c’è anche un altro particolare che colpisce.
Durante il passaggio dei ragazzi a Vizhay, il comportamento della ragazza fu molto strano, e se ne trovano tracce nel suo diario personale. Sembra quasi di leggervi una premonizione di quella che sarebbe stata da lì a poco la sua tragica morte.
La scena del crimine ci parla di un omicidio premeditato nei confronti di Lyudmila?
Procediamo come degli investigatori sulla scena di un crimine e ipotizziamo che sul Passo Dyatlov non si sia consumata una tragedia come una valanga, ma un omicidio premeditato.
Ipotizziamo che i ragazzi della spedizione furono uccisi perché avevano visto qualcosa o si erano preventivamente scontrati con qualcuno che voleva fargliela pagare.
Questo spiegherebbe le ferite crudeli che vennero trovate sui corpi degli escursionisti. Ma ce n’erano due che presentavano le ferite più gravi.
È possibile che fossero loro i bersagli della spedizione punitiva e che gli altri furono uccisi e poi messa in atto la strategia dello staging per mascherare le tracce?
Lo staging consiste nell’inquinare la scena del crimine per fra sembrare che sia accaduto qualcosa di diverso dalla realtà.
Si usa in genere per far credere che un omicido sia in realtà un suicidio o, come in questo caso, un incidente.
Chi erano i due ragazzi particolarmente feriti?
Si trattava proprio di Lyudmila Dubinina e di Alexander Zolotaryov.
Lyudmila però era quella più grave, con le costole fratturate su entrambi i lati del corpo, senza occhi e lingua. Era lei il bersaglio? È possibile che sia stata uccisa per vendetta?
Chi era Lyudmila, che le era successo prima di quell’incidente, e chi poteva volere la sua morte?
Una traccia di tutto ciò lo si trova proprio nei suoi diari.
I diari di Lyudmila: cosa avvenne a Vizhay nell’albergo in cui furono portati?
Il gruppo Dyatlov arrivò a Vizhay il 25 gennaio del 1959, e ripartì il giorno dopo. Passarono quindi lì la notte assieme a un altro gruppo di escursionisti.
Scrive Lyudmila nel suo diario: “Abbiamo detto addio in lacrime al gruppo di Blinov. L’umore è crollato e sono molto molto triste“. Perché era triste alla vigilia di un’impresa che aspettava da tempo? Cosa si erano detti con l’altro gruppo?
Lyudmila, poche pagine più avanti, dà quella che potrebbe essere la spiegazione. Il gruppo infatti venne “portato” in un hotel, nonostante preferisse pernottare, scrive, nello stesso “club dove eravamo stati 2 anni fa“.
La ragazza non dice che il gruppo fu invitato, ma portato, preso. A quei tempi pare significasse portato via con una scorta. Quindi il gruppo, che era già stato in quel posto, conosceva un club in cui avrebbe voluto dormire, e invece fu portato in un albergo così descritto dal gruppo stesso: “Abbiamo dormito nel cosiddetto albergo, alcuni ammassando 2 persone su un letto, e Sasha K. e Krivo addirittura sul pavimento tra i letti“.
In quell’albergo i ragazzi ebbero difficoltà a dormire e anche ad accendere fuoco e stufa per mangiare e scaldarsi, nonostante fossero molto pratici ed esperti.
Perché allora accettarono di passare lì la notte?
Qualcuno li portò realmente lì per forza?
Ed è possibile che questo li abbia esposti ad attriti con qualcuno?
Ancora, è possibile che Lyudmila Dubinina, come scrive nel suo diario, si sia scontrata pesantemente con i responsabili di quella struttura? Ed è possibile che per questo qualcuno l’abbia punita in modo così sproporzionato?
O magari ha visto, lei e gli altri, qualcosa che non avrebbe dovuto vedere nella prima struttura? Lei stessa scrive, sempre sul suo diario: “24 gennaio… Sì, e in genere mi piace gettare benzina sul fuoco, accidenti a me“. Parole profetiche su quel fuoco che era accanto ai corpi?
E ancora: “26 gennaio… L’umore è pessimo e probabilmente lo sarà per altri due giorni. Maledetto come l’inferno” .
Semën Zolotaryov: quel taccuino sparito come gli occhi
Il corpo di Semën Zolotaryov venne rinvenuto al Passo Dyatlov pineo di vestiti: due cappelli, una sciarpa, una camicia a maniche corte e lunghe, un maglione e un cappotto, 3 paia di pantaloni, calzini e scarpe. Non era morto di freddo.
Anche a lui mancavano gli occhi, e anche lui aveva ferite molto gravi come Lyudmila.
Semën aveva al collo una macchina fotografica. Yuri Yudin, l’unico sopravvissuto, si stupì molto di questa circostanza, perché riteneva che vi fossero solo 4 macchine fotografiche nel gruppo.
Questo, nonostante nel libro sulla tragedia scritto da Aleksei Rakitin si riporti un’intervista a Yudin in cui egli dice che ce n’erano più di 4. Errore, dimenticanza, perché Yudin si è sbagliato?
Fatto sta che Zolotaryov portò due macchine fotografiche, una ufficiale e l’altra scoperta solo dopo la sua morte. Cosa vi aveva impresso? Non si sa, a causa dei danni fatti dall’acqua.
Come non si sa cosa ci fosse scritto nel suo taccuino, rinvenuto nelle sue mani con una penna, come se avesse appuntato qualcosa prima di morire. Testimoni affermano che il colonnello Ortyukov intervenuto sulla scena abbia preso e guardato il taccuino dicendo che non vi fosse scritto nulla. Quel taccuino è sparito e non è mai stato archiviato tra le prove.
Soprattutto però anche Zolotaryov presentava gravi ferite simili a quelle di Lyudmila, compresa la mancanza di bulbi oculari.
Fratture multiple alle costole, emorragia nel muscolo cardiaco con emorragia nella cavità pleurica.
Questo vuol dire che:
- era vivo nel momento in cui è stato ferito;
- gli è stata applicata una grande forza;
- non aveva alcun danno ai tessuti molli del torace.
Questo quadro richiama il tipo di trauma che risulta dall’onda d’urto di una bomba.
Aleksander Kolevatov: collo spezzato come un’esecuzione?
Il corpo di Aleksander Kolevatov presentava diverse e peculiari ferite che non vennero però dettagliate dal medico legale.
Ad esempio aveva il naso rotto, una ferita dietro l’orecchio e il collo spezzato.
Questa circostanza potrebbe essere la conseguenza di una lotta, ma il colpo dietro l’orecchio e il collo rotto ricordano sinistramente le esecuzioni delle forze speciali.
Il medico legale non si sofferma sulle ferite che potrebbero anche essere state causate dagli elementi naturali, non dandoci quindi stranamente la possibilità di fare ipotesi alternative sulla morte.
Nikolay Thibeaux-Brignolle: lanciato da una grande altezza?
Infine, il corpo di Nikolay Thibeaux-Brignolle venne rinvenuto con fratture peculiari che indicherebbero una caduta dall’alto.
Il medico legale stesso escluderebbe però una semplice caduta sulle rocce, anche da una modesta altezza.
Riferisce che il danno alla testa, con lo sfondamento delle ossa craniche, è più compatibile con il lancio del corpo da un’altezza molto elevata. È possibile che sia stato fatto cadere ad esempio da un elicottero?
L’ipotesi del colpo su una roccia o di un sasso da parte di qualcuno sulla sua testa è stata scartata, perché in quel caso ci sarebbero stati danni ai tessuti molli.
Le teorie sulla morte del gruppo del Passo Dyatlov
Cosa è accaduto a quei ragazzi quella maledetta notte?
Molte sono state e sono ancora le teorie, alcune delle quali alquanto inverosimili.
Passo Dyatlov: la teoria dello Yeti all’origine del massacro
Una delle teorie sulla morte degli escursionisti del Passo Dyatlov chiama in causa lo Yeti.
Tutto si baserebbe su una fotografia scattata da Thibeaux-Brignolle, classificata con il numero “fotogramma 17“.
In questa fotografia si vede una figura che esce dagli alberi.
Nel 2014 venne girato per Discovery Channel un documentario intitolato Russian Yeti, secondo cui sarebbe stato questo mitologico mostro a sterminare il gruppo del Passo Dyatlov sorprendendolo nel sonno.
Si tratta di una teoria che appartiene a quella che si chiama criptozoologia, che però non è mai stata provata.
Nemmeno la teoria dell’orso, della renna caduta sulla tenda o del ghiottone assassino hanno credibilità.
Passo Dyatlov: le teorie dei fenomeni naturali
Un’altra serie di teorie riguarda alcuni fenomeni naturali, per quanto rari, all’origine della tragedia avvenuta ai danni degli escursionisti del Passo Dyatlov.
Sono:
- il fulmine globulare;
- il vento catabatico;
- l’uragano;
- gli infrasuoni;
- la fluttuazione di di gravità;
- la valanga, su cui torneremo in dettaglio.
Il fulmine globulare
Il fulmine globulare è un fenomeno elettrico atmosferico allo stato attuale inspiegabile.
È un reale e raro oggetti luminoso di forma sferica che varia in diametro da pochi centimetri a diversi metri.
Può avvenire nel corso di un temporale ma dura in genere di più di un normale fulmine.
Quali sono le evidenze che potrebbero conciliarsi con questa teoria?
Innanzitutto la presenza di un punto caldo vicino alla tenda e delle fessure che sarebbero compatibili con la caduta di un fulmine. Poi il fatto che vi fosse una telecamera su un treppiede che testimonierebbe come il gruppo stesse osservando qualcosa nel cielo, forse una tempesta globulare.
Poi il fatto che la popolazione locale dei Mansi, che venne inizialmente accusata degli omicidi, parlasse di sfere dorate nel cielo viste anche da altri testimoni e immortalate dagli stessi ragazzi in diverse fotografie.
Il gruppo sarebbe stato sorpreso da un fulmine globulare e poi folgorati (tutti?) mentre scappavano.
Sanguinamento, capelli bruciati, ustioni, edema polmonare e danni agli alberi sarebbero compatibili con questa teoria, così come le ferite da trauma, ma appare improbabile che tutti siano stati colpiti nello stesso tempo e in posizioni diverse.
Il vento catabatico
Un’altra teoria naturale chiama in causa il cosiddetto vento catabatico o discendente.
È un fenomeno che può verificarsi quando l’aria fredda che soffia su un ghiacciaio corre lungo un gradiente. Appare allora come una palla che rotola in discesa, e causa del fatto che l’aria raffreddata ha una densità maggiore rispetto all’atmosfera circostante, questo vento può assumere la forza di un uragano.
Si riporta che nel 1978, in Svezia, in un paesaggio simile al monte Otorten, 8 sciatori vennero travolti e uccisi da un fenomeno simile.
Nel diario del gruppo Dyatlov si legge, prima dell’incidente, di “uno strano vento caldo associato a un motore a reazione“. L’estrema rapidità del fenomeno potrebbe anche spiegare l’uscita frettolosa dei ragazzi dalla tenda.
Il vento forte potrebbe anche spiegare i traumi, ma quelli particolarmente gravi come rinvenuti nell’ultimo gruppo avrebbero richiesto anche altre circostanze che non sembrano essersi verificate (come ad esempio un importante crollo di neve sopra i corpi).
Inoltre le luci segnalate nel cielo non sarebbero compatibili con questo fenomeno.
L’uragano
A parlare di uragano fu lo stesso Comitato regionale del PCUS – Dipartimento del commercio e dell’amministrazione finanziaria.
Con un comunicato datato 27 marzo 1959 affermò, volendo chiudere la questione, che il gruppo “perì tragicamente a causa di un violento uragano che lo colpì facendolo uscire dalla tenda“.
Non si spiegano però i traumi importanti, e nel comunicato si attribuisce la colpa solo all’imprudenza del gruppo, peraltro esperto, nell’avere piantato la tenda proprio in quel posto.
Gli INFrasuoni
Gli infrasuoni sono vibrazioni longitudinali di un mezzo elastico che hanno la stessa natura delle vibrazioni sonore, ma che non sono percepibili dall’orecchio umano.
In genere si originano dopo un brusco spostamento d’aria come avviene dopo un’esplosione.
I suoi effetti sul corpo umano potrebbero però, senza che il soggetto ne sia consapevole, portare a perdita di sonno, terrore e mancanza del respiro.
Il terrore li avrebbe fatti uscire dalla tenda e il freddo uccisi, ma ancora una volta le gravi lesioni restano senza spiegazione.
La fluttuazione di gravità
Questa ipotesi parte dalla considerazione che in alcune aree, in rare circostanze, la forza di gravità possa fluttuare.
Secondo il professor German Erchenko, fisico di Pietroburgo, in quel momento la pressione esterna, a causa della fluttuazione della gravità, si sarebbe ridotta di molto, facendo uscire i ragazzi dalla tenda.
O meglio, la riduzione della forza di gravità avrebbe creato un corridoio in cui gli escursionisti hanno cominciato a fluttuare. La differenza di pressione esterna, molto bassa, e interna molto alta, spiegherebbe secondo gli scienziati, i danni interni tra cui le ossa rotte in assenza di lesioni esterne.
Tuttavia si sarebbe dovuta verificare anche un’altra rara circostanza, e cioè il permanere dei corpi in aria e poi la caduta rovinosa da una grande altezza.
Passo Dyatlov: le ipotesi dell’omicidio
C’è una serie di altre ipotesi sulla tragedia del Passo Dyatlov che merita di essere esplorate.
Tutte le ipotesi sul caso, a parte quelle più inverosimili, hanno un fondamento di possibilità, e dunque sono state tutte esplorate.
Passo Dyatlov: Zolotaryov e Krivonischenko agenti del KGB?
Una delle ipotesi che sono state fatte riguarda il fatto che 2 membri del gruppo, e precisamente Zolotaryov e Krivonischenko fossero agenti del KGB inviati sul luogo per scoprire una cellula della CIA.
La loro missione doveva consistere nel consegnare campioni radioattivi e fotografare gli agenti americani. Quando però furono scoperti, vennero uccisi assieme al gruppo per simulare una tragedia naturale.
Se adesso questa ipotesi sembra scioccante, va considerato che all’epoca, siamo nel 1959, si viveva un clima di paranoia in tal senso. Su cosa si basa questa teoria che allo stato dei fatti appare molto più fondata di tante altre?
Alcuni membri del gruppo Dyatlov avrebbero dovuto, per il KGB, consegnare false prove di vestiti contaminati da radioattività da attribuire agli americani filmati sul posto.
Alcune evidenze, come la presenza di abiti radioattivi, di rilevatori di radiazioni trovate in loco, della schiuma grigia sul volto di Doroshenko e di una telecamera di cui il gruppo non era a conoscenza mancante sarebbero compatibili con l’ipotesi.
il ruolo di Semyon Aleksander Zolotaryov
Zolotaryiov aveva 37 anni, non era sposato, e si aggiunse al gruppo di giovani all’ultimo minuto. Aveva combattuto per l’NKVD, il commissariato del popolo per gli affari interni, ed era un veterano. Inoltre, prima di essere trasferito al Politecnico degli Urali, aveva lavorato a Mosca in qualità di assistente di laboratorio in una struttura scientifica top secret di natura “atomica”, conosciuta solo come “PO Box 3394“.
il ruolo di Yuri Krivonischenko
Krivonischenko lavorava in un luogo identificato da una casella postale, la 404/10, che corrispondeva alla centrale Mayak a Chelyabinsk-40, laddove si era verificato l’incidente nucleare nel 1957.
Agenti del KGB? Secondo questa ipotesi la loro missione, di cui il resto del gruppo era all’oscuro, sarebbe stata quella di consegnare campioni radioattivi a un gruppo di agenti della CIA e scattare loro delle fotografie.
Questi agenti si sarebbero fatti passare per un gruppo di escursionisti anche loro sul Monte Otorten. Si sarebbero incontrati il 1° febbraio, ma gli agenti della CIA avrebbero scoperto il doppio gioco dei russi e li avrebbero uccisi, sterminando poi gli altri.
Passo Dyatlov: la teoria dell’eserimento militare scoperto
Secondo un’altra teoria a uccidere il gruppo sarebbero state le forze militari speciali nel momento in cui i ragazzi sconfinarono in un’area in cui si stavano svolgendo test militari segreti. In questo caso si chiama in causa di nuovo un infiltrato nel gruppo che non sarebbe stato chi diceva di essere, e cioè Semyon Zolotaryov.
A favore di questa teoria vi sarebbe la macchina fotografica in più che portava di cui il gruppo non era a conoscenza; la missione di Zolotaryov, per conto del KGB, sarebbe doveva essere quella riprendere l’area e scattare fotografie di alcuni elicotteri russi non autorizzati. Le tracce di radioattività trovate sui vestiti sarebbero state da lui apposte per far rilevare la macchina, avvolgendola in quegli abiti. Venne però scoperto proprio da chi guidava quegli elicotteri e ucciso assieme agli altri.
Qual è la verità?
Cosa è accaduto sul Passo Dyatlov nel febbraio del 1959?
C’è un’ultima teoria, ufficiale, che ha chiuso il caso o almeno ci ha provato.
È la teoria della valanga, che però lascia più interrogativi di quelli che ha risolto.
La valanga sul Passo Dyatlov: perché non convince la spiegazione ufficiale del 2019?
Nel 2019 il mistero del Passo Dyatlov venne risolto.
O almeno questo è quello che il mainstream ha pensato, proponendo una spiegazione definita “probabile e ragionevole” che prevede una simulazione di una valanga, dei test su incidenti d’auto e addirittura l’uso dell’animazione impiegata nel film “Frozen”.
La cosiddetta teoria della valanga venne pubblicata sulla rivista Communications Earth and Environment, ma per convincere avrebbe dovuto spiegare troppe coincidenze, anche perché prevede che la stessa sia stata di piccola entità e ritardata nel tempo ma che sia riuscita lo stesso a provocare quei terribili traumi.
La ricostruzione del National Geographic: la verità è che nessuno sa cosa successe sul Passo Dyatlov
Il rapporto presentato dai ricercatori della teoria della valanga, come spiegato in dettagliato articolo del National Geographic lascia ancora più dubbi e fa nascere il sospetto che ancora dopo mezzo secolo si voglia chiudere il caso con la spiegazione più semplice.
Che però semplice non è.
Cosa non torna nella teoria della valanga?
A non tornare nella teoria della valanga sono però diversi elementi:
- in primo luogo il fatto che il rapporto presentato mancava di dettagli scientifici considerati fondamentali. Ad esempio, dato il fatto che non si era mai rilevata una nin quella zona, e non vi erano tracce di una valanga nemmeno nelle settimane precedenti il disastro, perché tra tutte le ipotesi, considerare proprio quella?
- l’inclinazione del punto in cui i ragazzi, peraltro provetti escursionisti, avevano piantato la tenda, non sarebbe stata sufficiente per permettere la formazione di una valanga;
- nella notte tra il primo e il 2 febbraio non si registrano nevicate, e dunque come si sarebbe potuta formare addirittura una valanga?
- e poi naturalmente perché i ragazzi avrebbero aspettato almeno 9 ore prima di scavare nella neve dopo l’incidente, che non spiega infine l’entità e la natura dei loro traumi (con la radioattività).
Il tentativo di confutare i dubbi sulla teoria della valanga al Passo Dyatlov
Contro queste argomentazioni, peraltro molto puntuali, c’è stato un impegno notevole.
Passo Dyatlov: l’ipotesi del terremoto e della valanga ritardata
Ad esempio Alexander Puzrin, ingegnere geotecnico presso uno dei politecnici federali svizzeri di Zurigo, afferma che se si fosse verificato un terremoto questo spiegherebbe il lasso di tempo tra il terremoto stesso, la valanga e lo scavo dei ragazzi. Creò così un modello statistico e analitico della valanga ritardata.
Secondo questo modello il pendio non era così poco ripido, in quanto sarebbe stato nascosto dalla neve essendo invece molto più inclinato. Sarebbe arrivato a circa 30 gradi, cioè l’inclinazione minima per il verificarsi di una valanga.
Ancora, si afferma che sotto quel punto vi fosse uno strato di neve preesistente, che avrebbe fatto da scivolo.
Il modello vuole spiegare forse troppe cose, in quanto afferma che nonostante non ci fossero state nevicate, il forte vento potrebbe aver spostato la neve da altri punti. Parla anche del vento catabatico già discusso però.
Le simulazioni delle ferite sul Passo Dyatlov: l’uso dell’animazione di Frozen
Per spiegare le ferite dei corpi degli escursionisti del Passo Dyatlov, il gruppo di ricerca del 2019 impiegò addirittura l’animazione Hollywoodiana del film Frozen.
Gaume, uno dei membri del team, si recò quindi a Los Angeles per applicare il codice di animazione della neve usato nel flm per il modello di simulazione della valanga, anche al fine di spiegare le ferite.
A questo codice aggiunse i dati ricavati dalle aziende automobilistiche per adattarli alle ferite ritrovate sui corpi.
Quanto impegno per dimostrare una tesi.
I dati della General Motors degli anni ’70 su 100 cadaveri, indicavano cosa poteva succedere in caso di impatto sulla cassa toracica di diversi pesi a diverse velocità.
Le simulazioni dei ricercatori avrebbero dimostrato che il blocco di neve compressa che a loro dire si sarebbe formata sul pendio, poteva causare la frattura di costole e crani.
Ma la radioattività? E quello che accadde dopo? Perché i ragazzi tagliarono la tenda da dentro e scapparono seminudi senza poi tornare una volta finito il pericolo?
Perché mancavano occhi e lingua? Davvero l’ipotesi degli animali è credibile?
Tutte queste incredibili coincidenze, che avrebbero dovuto manifestarsi contemporaneamente, bastano a spiegare la tragedia del Passo Dyatlov?
Ne abbiamo parlato con la ricercatrice che probabilmente oggi è la più informata su quell’evento e che ci ha gentilmente concesso un’intervista in esclusiva: Teodora Hadjiyska.
Intervista esclusiva a Teodora Hadjiyska: la sua versione sul Passo Dyatlov
Chi è Teodora Hadjiska?
È lei stessa a presentarsi, anche se è noto come questa ricercatrice sia una delle maggiori esperte mondiali del Passo Dyatlov. vincitrice nel 2024 del Russian Detective award, cioè del Premio detective russo.
Nata in Bulgaria e cresciuta a Cuba, ha vissuto a lungo negli USA e attualmente vive in Austria. Si definisce viaggiatrice, esploratrice e alpinista, “con una propensione a ritrovarsi al centro di disastri”
Dopo essere stata coinvolta in un incidente che le è quasi costata la vita, si è ritrovata immobilizzata a letto con un ematoma subdurale, con il gomito e la scapola frantumati, il torace flaccido e sei costole rotte. Era stata investita da un camion, e quando lesse del caso Dyatlov, restò sorpresa dalla somiglianza tra il suo trauma e quello di due degli escursionisti.
Nel suo caso però, c’era una strada, sul passo Dyatlov no. Così, scrive “dopo essere sopravvissuta , lessi dell’incidente sul Passo Dyatlov e da allora non ho più smesso di fare ricerche”.
Le abbiamo posto delle domande a cui ha gentilmente risposto, e per questo e per il suo lavoro la ringraziamo.
L’opinione di Teodora Hadjiska sul livor mortis
Teodora, cosa pensi delle incongruenze tra il livor mortis e la posizione dei cadaveri?
Teodora: tutto nel caso Dyatlov deve essere preso in considerazione, ma prima di rispondere a questa domanda è necessario fare un passo indietro per guardare il quadro generale. Kuryakov (n.d.a il controverso incaricato del dipartimento dell’ufficio del Procuratore generale della Federazione Russa per il distretto federale degli Urali) ha esaminato i fascicoli del caso nel 2018-2019 e, sebbene la sua risoluzione parlasse di 2 valanghe, venne licenziato. Ha svolto comunque alcune utili indagini, notando come il caso Dyatlov sia pieno di discrepanze, insolitamente più sciatto della media delle indagini. Ha scoperto anche errori ed omissioni (qui per approfondire).
Poi, al momento in cui vennero eseguite le autopsie, gli investigatori stavano prendendo in considerazione la morte violenta e non un omicidio. Si presumeva quindi che se i corpi erano stati spostati, lo avevano fatto i loro compagni per prendere alcuni dei loro vestiti. Quindi non sarebbe stato così importante parlare del livor mortis.
Il coroner Vozrozhdenniy, allora trentaseienne, era esperto, ma era stato portato lì da Svredlovsk sebbene Ivdel avesse un suo ospedale. Fu trasportato in aereo al passo per entrambe le scoperte dei corpi, ma i corpi in entrambi i casi furono spostati prima che avesse la possibilità di esaminarli. Nei rapporti dell’autopsia è indicato dove si trova il livor mortis ma mai in quale posizione è stato trovato il corpo (qui per approfondire).
Vozrozhdenniy non stava operando nel suo ambiente abituale. A quei tempi i coroner, almeno questo coroner in questo caso particolare, non dettavano le loro conclusioni, ma le scrivevano dopo aver eseguito le autopsie. Eseguì quattro autopsie il 4 marzo, una l’8 marzo e altre quattro il 9 maggio 1959 (qui per approfondire).
Si tratta di autopsie difficili, e si nota come le frasi usate per descrivere il livor mortis in tutte e quattro le procedure suonino molto simili; cambia solo il colore delle macchie.
Eritema da congelamento scambiato per livor mortis?
Un’altra teoria è che Vozrozhdenniy abbia scambiato l’eritema da congelamento per livor mortis. In “Medicina forense” del 1953 di MI Rayski a pag. 233 si dice che il livor mortis nei cadaveri congelati cambia colore quando vengono trasportati in una stanza calda, dal viola al rosso chiaro, per poi scurirsi di nuovo. La stessa cosa accade con l’eritema da congelamento quando si scongela un cadavere. L’idea è che il medico legale abbia pensato di aver visto il livor mortis quando in realtà era eritema da congelamento.
La mia opinione è che i corpi siano stati spostati. Semplicemente.
L’opinione di Teodora Hadjiska sulle torture al Passo Dyatlov
Teodora, pensi che quei ragazzi siano stati torturati? E se sì, è possibile che abbiano visto qualcosa che non avrebbero dovuto vedere?
Teodora: molte teorie si basano sull’idea che il gruppo Dyatlov abbia visto qualcosa che non avrebbe dovuto vedere. Poi le teorie divergono: alcuni dicono che gli escursionisti sono morti a causa di ciò in cui si sono imbattuti, altri che il gruppo responsabile dei test ha visto gli escursionisti e ha inviato un gruppo di terra per liquidarli. In entrambi i casi il gruppo Dyatlov sarebbe morto affinché nessuno parlasse.
Io però non capisco la logica del torturare prima di ucciderli. Di solito torturare qualcuno serve per estorcere informazioni, ad esempio sul dove si nascondano gli altri, sul fatto che si possa essere delle spie, sui mandanti. In questo caso i corpi, la tenda, i diari e le telecamere non sarebbero rimasti sparsi sul pendio della montagna.
Quali soni i traumi da tortura
Ancora: i due traumi più comunemente attribuiti alla tortura sono:
- le ustioni di secondo e terzo grado di Krivonischenko sul piede;
- la schiuma grigia di Doroshenko che gli esce dalla bocca (qui per approfondire).
Secondo la mia teoria, le lesioni potrebbero essere spiegate così: la tenda era stata piantata tra gli alberi nella foresta dove sono stati trovati i corpi. Questo per avere la legna da ardere e la stufa in funzione. La stufa era sospesa a una corda all’interno della tenda. Quando un albero è caduto sulla cima della tenda, la stufa ha bruciato il piede di Krivonischenko.
Si pensi che nel 2020, un grande albero è caduto su una tenda in Bulgaria. Dentro c’erano delle persone e una donna è morta. L’uomo che giaceva nella tenda accanto alla donna deceduta è sopravvissuto e la sua unica ferita è stata una frattura alla clavicola. Il capo del dipartimento di medicina legale dove è stato portato il corpo ha notato che dalla sua bocca usciva della schiuma grigia. La causa della morte è stata l’asfissia meccanica. Questo è molto simile a quanto accaduto a Doroshenko. La donna ha resistito sotto le macerie per 15-20 minuti e anche questo suona familiare. Dubinina avrebbe potuto vivere per 10-20 minuti, Zolotaryov anche di più .
Cosa pensa Teodora Hadjiska della radioattività
Teodora,cosa pensi della radioattività sui vestiti? È possibile che Yuri li indossasse ancora due anni dopo l’incidente?
Teodora: gli abiti contaminati appartenevano a Krivonischenko (un maglione a 990 DPM, ossa disintegrazioni al minuto, unità di misura della radioattività) e Kolevatov (pantaloni 5000 DPM e un maglione 5600 DPM).
Kolevatov è stato trovato in acqua e i suoi vestiti sono stati lavati per 2 mesi, da qui il DPM più basso.
Secondo me gli escursionisti sicuramente non sapevano della contaminazione, altrimenti non li avrebbero indossati. I tempi erano poveri, non c’erano vestiti speciali per le escursioni, tutti prendevano tutto quello che potevano trovare e indossavano molti strati di vestiti per stare al caldo. Se non sapevano che i vestiti erano contaminati, perché buttarli?
Ho chiesto il parere di un consulente moderno sulla sicurezza degli impianti nucleari e l’esperto ha detto che se gli studenti studiavano fisica nucleare la contaminazione avrebbe potuto verificarsi durante gli esperimenti di laboratorio. Kolevatov era uno studente di fisica nucleare (qui per approfondire).
Ho stretto amicizia con Vladimir Askinadzi, il ricercatore che ha trovato gli ultimi quattro corpi nel burrone, amico di Zina e che ha vissuto nello stesso dormitorio. Askinadzi era uno studente di fisica nucleare, e mi ha detto che alle donne non era permesso entrare nei laboratori, perché non era sicuro.
È risaputo che Krivonischneko stesse lavorando a Chelyabinsk – 40 (Mayak) quando il 29 settembre 1957 si verificò il terribile incidente nucleare.
È possibile che ci fossero vestiti contaminati in circolazione, nonostante tutti gli sforzi per ripulire dopo il disastro.
La mia risposta alla tua domanda quindi “È possibile che Yuri lo indossasse ancora due anni dopo l’incidente” è che io indosso maglioni vecchi di più di 5 anni in montagna e in città. Non ci vedo niente di strano.
La teoria di Teodora Hadjiska sul disastro del Passo Dyatlov
Teodora, ho sentito la tua ipotesi sul disastro Dyatlov in un documentario andato in onda su Netflix. Potresti dirmi cosa pensi sia successo?
Teodora: il gruppo Dyatlov ha piantato la tenda nella foresta dove c’erano legna da ardere e acqua, e i venti non erano forti come sul pendio della montagna. Questa era la prassi normale.
Un albero è caduto sulla cima della tenda e ha causato una vasta gamma di ferite, da quelle mortali a quelle praticamente inesistenti.
I ragazzi stavano dormendo, quindi vestiti con biancheria o poco più, e sono stati sorpresi dall’incidente all’interno di una tenda con una stufa funzionante.
Nel panico che ne seguì nessuno ebbe il tempo di cercare soprabiti o scarpe.
Poiché c’erano voli di routine sul passo per la ricerca di uranio e altri minerali (qui per approfondire), i corpi ritrovati mentre risalivano il pendio della montagna in realtà stavano cercando di inviare un segnale di richiesta di aiuto agli aerei in transito.
Poi i corpi e la tenda stessa sono stati trovati prima della ricerca e del soccorso ufficiali. Sono stati però scambiati per un altro gruppo. Alcuni corpi sono stati portati all’obitorio di Ivdel. (qui per approfondire).
Due settimane dopo, il governo sovietico avviò una massiccia ricerca, quando il premier Krusciov venne contattato personalmente dai familiari dei ragazzi..
Il ruolo del regime sovietico nella cancellazione delle tracce del Passo Dyatlov
È qui che entra in gioco la natura del regime sovietico. Terrorizzati dal fatto che sarebbero potuti finire in guai seri per aver causato le morti a causa delle loro esplosioni, i funzionari minerari ordinarono che i corpi venissero riportati nel luogo in cui erano stati trovati, poiché non tutti erano stati recuperati.
La tenda venne posizionata lontano dai loro terreni di lavoro. È così che nasce la leggenda dell’incidente del passo Dyatlov e tutte le sue discrepanze ed enigmi. Nella loro fretta di coprire tutto, hanno abbandonato i corpi e non hanno messo tutti i vestiti a posto. L’intero mistero deriva da questo disperato tentativo di proteggersi da quelle che avrebbero potuto essere conseguenze molto gravi.
Un’ultima domanda.
Teodora: perché sei così interessata a questo caso e da quanti anni lo studi?
Teodora: un’esperienza di pre-morte che mi ha lasciato con traumi simili a quelli di Zolotaryov e Dubinina ha scosso il mio mondo e ha aperto un vuoto.
Il mondo ha continuato a funzionare bene senza il mio momentaneo coinvolgimento. Ho lasciato andare molte cose, ma per natura sono testarda e curiosa, quindi ho dovuto riempire il vuoto con qualcos’altro.
In questo stato mentale molto percettivo qualcuno ha detto che ho avuto traumi come quelli del Passo Dyatlov. Quella fu la prima volta che sentii quel nome. All’epoca, oltre alle mie numerose costole rotte a causa del trauma e al braccio rotto, avevo anche un ematoma subdurale e vedevo cose che non c’erano. Vedevo le persone deformi, come fossero zombie, perché il mio cervello stava cercando di riempire di informazioni le aree che non funzionavano più. Il mondo intorno a me era spaventoso, e cercavo delle risposte. Così studio l’incidente del Passo Dyatlov da più di 12 anni.
Cosa è successo davvero su quel Passo?
Ad oggi ci sono diverse teorie, alcune meno credibili e altre più coerenti.
Solo quei 9 ragazzi conoscono la verità, ma la versione ufficiale sul disastro del Passo Dyatlov non convince.
Troppe domande restano senza risposta.
Questo, ad oggi, è ancora un altro grande mistero irrisolto.