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La Scuola di Chicago si pone come elaboratrice di una teoria della devianza all’interno degli studi sulle origini del crimine.
Uno dei problemi più studiati dalla sociologia e dalla psicologia infatti è proprio quello della devianza e delle sue cause.
Parlare di devianza è molto complesso in quanto chiama in causa molteplici aspetti, che vanno da quelli morali a quelli giuridici.
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Cos’è la devianza
In primo luogo si può iniziare con il definire la devianza: questo concetto corrisponde a ogni tipo di comportamento non moralmente e/o giuridicamente accettato dalla società.
Ogni teoria che ha affrontato il tema della devianza sottende la necessità di capire da cosa essa dipenda. La differenza è che a seconda dell’impostazione teorica, vi è chi individua la causa nel soggetto e chi nell’ambiente.
La domanda fondamentale quindi è: deviare è un comportamento innato o è appreso?
La Scuola di Chicago e la sua teoria della devianza
Come prima cosa è bene parlare di cosa sia la Scuola di Chicago, capendo quando è nata, a opera di chi e su quali concetti si basava.
Quando è nata la Scuola di Chicago
La nascita ufficiale di questa Scuola si stabilisce nell’anno 1914.
In realtà però si deve risalire al 1892, anno di fondazione dell’omonima Università all’interno della quale poi sorse questo dipartimento di sociologia.
In questo dipartimento infatti, a cavallo tra la fine del 1800 e gli inizi del 1900, diversi studiosi di sociologia e criminologia costituirono la Scuola di Chicago.
Tra i membri più noti di questa Scuola si rammentano Park, Burgess e McKenzie.
Di cosa tratta la Scuola di Chicago
Uno dei temi ricorrenti all’interno della Scuola riguardava il modo in cui l’ambiente fisico e sociale potesse far sviluppare e poi modificare il comportamento umano.
I sociologi della scuola di Chicago infatti si concentravano sul suddetto comportamento da una prospettiva ecologica. L’uomo era considerato una creatura complessa che poteva adattare il proprio stile di vita in funzione della comunità in cui viveva.
Per cui la comunità stessa era interpretata come l’elemento principale di influenza sul comportamento del singolo.
Le città come laboratorio naturale e insieme di zone concentriche
Un altro caposaldo della Scuola di Chicago era la concezione delle città come dei laboratori naturali. Questo significa che gli autori, nella loro disamina, si concentravano su due aspetti:
- da un lato raccoglievano dati statistici per desumere i tassi di devianza;
- dall’altro analizzavano la storia di vita del singolo nella sua quotidianità.
Da qui gli studiosi formularono la loro teoria. Ogni città veniva considerata come un insieme di zone concentriche.
Le 5 zone concentriche della Scuola di Chicago
Come si vede nell’immagine, le città venivano suddivise in 5 zone:
- la prima zona è quella centrale. Qui abitano pochi residenti e vi sono numerosi uffici e fabbriche;
- la seconda zona è quella detta di transizione. Non è la più ricercata per abitarvi, perché molti degli uffici e delle fabbriche vi si estendono, e iniziano le prime abitazioni. Poiché qui il costo della vita sarebbe di conseguenza basso, vi si insedierebbero molti immigrati e le persone poco abbienti;
- la terza zona è quella residenziale. Tale zona sarebbe molto appetibile dagli impiegati ovviamente, essendo vicina alla prima, ma non sarebbe accessibile per via dei costi elevati;
- la quarta e la quinta zona sarebbero rispettivamente la parte delle abitazioni di lusso e i sobborghi.
Ciò che gli studiosi della Scuola di Chicago notarono era che la delinquenza sembrava diminuire in modo inversamente proporzionale alla distanza dalla zona centrale.
In pratica via via che ci si allontanava dalla zona centrale, gli episodi di delinquenza scendevano: l’ipotesi era quindi che la devianza dipendesse dalla qualità di vita. Il concetto può apparire scontato, ma gli autori argomentarono queste considerazioni parlando di “anomia“.
La Scuola di Chicago e il concetto di anomia
Per anomia, gli autori della Scuola di Chicago intendevano quanto segue: in alcune zone delle città, laddove vi sono pochi o nulli legami sociali, non ci si conosce.
Questo fa sì che l’aiuto reciproco in caso di bisogno venga a mancare. Si determina quindi una vera e propria disgregazione sociale, che apparentemente si lega all’aumento della devianza.
Così nelle zone in cui vi è il maggior anonimato, quindi le prime due, il rischio devianza è più elevato. Poiché qui, per la presenza di molte culture, vige un conflitto culturale, la devianza si trasmetterebbe nelle generazioni.
La disgregazione sociale come causa della devianza per la Scuola di Chicago
Ecco quindi che la disgregazione sociale diventa il fattore chiave nello sviluppo della devianza.
Al contrario, quindi, un fattore protettivo importante risulta essere il legame sociale. Così se la comunità di riferimento è coesa e condivide gli stessi valori, è meno probabile che la devianza vi si sviluppi.
Quando invece una zona si caratterizza per:
- mescolanza etnica;
- status sociale, economico e culturale basso;
- presenza di lavoratori che alla sera vanno via (zona dormitorio);
è più probabile che in questa zona si sviluppi la criminalità.
La sottocultura deviante nella Scuola di Chicago
Un concetto che viene attribuito alla Scuola di Chicago è quello di sottocultura deviante.
Appare come questo concetto sia emerso per la prima volta nel lavoro di Thomas, che ha ridefinito il problema della devianza e della criminalità passando da una causa imputata a un difetto psicologico e fisiologico (si pensi a Lombroso) a un difetto causato da una disorganizzazione normativa.
Da sempre le sottoculture sono studiate dagli accademici in quanto popolazioni distinte e non necessariamente pericolose.
Tuttavia quando si oppongono alla cultura dominante e assumono forme di contrasto al di fuori delle norme, vengono chiamate in causa dalla sociologia e dalla criminologia per comprendere il comportamento deviante.
L’attualità della Scuola di Chicago
Quanto può essere considerata attuale la teoria della devianza proposta dalla Scuola di Chicago?
In effetti ancora oggi, se impiegata assieme ad altre teorie, si rivela molto utile per studiare il fenomeno deviante.
I teorici della Scuola furono infatti i primi a usare, accanto ai metodi statistici di raccolta dei dati sul tasso di devianza nelle città, anche i cosiddetti metodi etnografici.
Si tratta dell’osservazione diretta finalizzata a ricostruire le storie individuali, quelli che si chiamano i casi studio.
I teorici di Chicago infatti fornirono delle descrizioni accurate di molti fenomeni, dalle bande giovanili al vagabondaggio fino alla criminalità organizzata.
A loro dire, ciò che appare confermato oggi, la devianza non sarebbe solo (o comunque lo sarebbe all’inizio) un fenomeno patologico semplice ma crescerebbe di pari passo con la crescita urbana.
Questa crescita porterebbe alla creazione delle sottoculture che convivono all’interno della società, con probabili conflitti interni.
Secondo la Scuola di Chicago quindi la delinquenza e la devianza sarebbero state in qualche modo connaturate alla società e al suo sviluppo.
Le zone di transizione di cui parlavano, in cui regnavano precarietà e marginalità erano del resto quelle in cui a livello statistico si registravano degrado, criminalità, suicidi, divorzi, malattie mentali, prostituzione, vagabondaggio.
Così, da un lato la crescita urbana creava zone di delnquenza in cui la devianza trovava terreno fertile, e dall’altro le norme devianti venivano trasmesse da una generazione all’altra mantenendo quelle zone deviate.
Urbanizzazione, industrializzazione e immigrazione erano i fenomeni chiave che determinavano la devianza, trasmessa poi attraverso l’assenza di regole, appunto l’anomia.
La disorganizzazione sociale tipica delle grandi città causava una mescolanza di culture con valori e norme diversi, in cui i rapporti sociali si fanno sempre più deboli fino a scomparire del tutto.
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Fonti utilizzate
Barmaki, R. (2016). On the origin of the concept of “Deviant Subculture” in criminology: WI Thomas and the Chicago School of Sociology. Deviant Behavior, 37(7), 795-810.
Blackman, S. (2014). Subculture theory: An historical and contemporary assessment of the concept for understanding deviance. Deviant behavior, 35(6), 496-512.