James Fallon: il neuroscienziato natural born killer. NEUROCRIMINOLOGIA #1 con VIDEO e PODCAST

James Fallon: il neuroscienziato natural born killer. NEUROCRIMINOLOGIA #1 con VIDEO e PODCAST

Secondo la teoria degli universi paralleli, James Fallon avrebbe potuto essere due cose: un neuroscienziato o un serial killer.

La sua storia potrebbe rispondere all’annosa questione se serial killer si nasce o si diventa.

Secondo la scienza infatti James Fallon sarebbe dovuto diventare uno spietato assassino come, avrebbe scoperto, alcuni dei suoi celebri avi.

Invece le cose sono andate per lui molto, ma molto diversamente.

Questa è la sua incredibile storia.

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La scoperta di James Fallon: nel suo cervello c’era il gene del male?

Era l’ottobre del 2005, un pomeriggio, e James Fallon stava, come sempre, visionando in quanto neuroscienziato, delle scansioni cerebrali.

Quelle che guardava però erano scansioni fuori dal comune, perché ritraevano il cervello di spietati serial killer. Il suo intento, la sua curiosità, possiamo dire il suo pallino da ricercatore, era quello di capire se vi fosse un modello anatomico del cervello correlato con la psicopatia.

Trovare il correlato scientifico dell’omicidio seriale è in effetti l’oggetto della neurocriminologia, la branca della criminologia che si concentra sulla rilevazione di difetti congeniti che accomunino gli assassini spietati e spieghino i loro crimini.

Quel pomeriggio però avvenne una scoperta sconcertante per Fallon. È lui stesso che ne parla: “Stavo guardando molte scansioni di assassini mescolate a schizofrenici, depressi e altri cervelli normali“. Allo stesso tempo stava, dice ancora “Per pura coincidenza, conducendo uno studio sull’Alzheimer e, come parte di questo, avevo scansioni cerebrali mie e di tutti i membri della mia famiglia proprio sulla mia scrivania“.

Sta di fatto che visionando una delle scansioni cerebrali, ne ha vista una che mostrava tutti i segni della psicopatia, anzi era proprio il prototipo del cervello del serial killer violento. C’era solo un particolare che lasciò Fallon sbalordito: quella scansione era la sua.

La scansione cerebrale del serial killer psicopatico

Cosa ha visto James Fallon in quella scansione cerebrale? È sempre lui che lo spiega.

Ho visto questa scansione che era ovviamente patologica“, dice, “e che mostrava una bassa attività in alcune aree dei lobi frontali e temporali collegate all’empatia, alla moralità e all’autocontrollo“.

Come prima cosa ha verificato che la macchina per la scansione a emissione di positroni funzionasse, ma non era rotta. Quel cervello psicopatico era proprio il suo.

Cosa ha fatto poi? Ha annunciato al mondo la sua scoperta, per affermare a tutti che se certamente, almeno da un punto di vista neuroanatomico, serial killer si nasce, non è detto che lo si diventi.

La sua domanda era: come faccio a conciliare quello che ho visto e che di norma si osserva nei peggiori criminali con la mia storia personale, quella di un uomo felicemente sposato senza doppia vita o istinti omicidi?

James Fallon e il gene MAO-A: nessun dubbio, potenzialmente è un serial killer

La prima cosa che Fallon, comprensibilmente, ha pensato, è che forse le teorie sui correlati neuroanatomici dei serial killer fossero sbagliate.

Se lui mostrava lo stesso cervello di uno psicopatico violento, ma non lo era, allora andavano riviste le ipotesi. Così, giusto per essere certo, ha provato a effettuare un’ulteriore prova, cercando quello che si definisce “il gene del male“.

Si tratta di una variante del gene MAO-A, rilevato nei criminali particolarmente violenti, aggressivi e senza empatia. Ma qui, il responso non ha lasciato dubbi, perché nel suo DNA c’era anche questo.

Forse Fallon è davvero uno psicopatico, ma di un tipo diverso. Uno che potenzialmente sarebbe predisposto geneticamente e neuroanatomicamente a uccidere, ma che per qualche motivo non lo fa.

Ecco, questa è la domanda: cosa gli ha impedito di dare seguito alle potenzialità della natura? Cosa lo ha protetto dal diventare uno spietato assassino?

La risposta che si è dato è, per quanto sconcertante e ovvia, solo una: l’amore.

L’amore può proteggere i serial killer? Secondo la storia di James Fallon si

Fallon ha concluso che nonostante una chiara ed evidente predisposizione al male, l’amore ricevuto durante l’infanzia e il fatto di essere cresciuto in un ambiente sano deve averlo protetto.

Se si pensa a storie come quella di Aileen Wuornos non si può che essere d’accordo.

Se Aileen non avesse vissuto una vita così tragica, segnata da abusi e violenze, forse non sarebbe diventata il mostro che è stata dipinta.

Eppure in Fallon, come lui stesso riconosce, i segnali c’erano.

Ammette infatti di essere stato sempre un uomo molto motivato dal potere e dalla manipolazione degli altri. Eppure, come fattore di protezione, l’affetto dei suoi cari e delle relazioni stabili hanno fatto di lui uno psicopatico pro-sociale.

Una persona predisposta al male ma che, nonostante le tendenze comportamentali, riesce a incanalare queste energie distruttive e a farne qualcosa di buono.

Si tratta di una scoperta eccezionale, che è in grado di rivoluzionare la stessa concezione della psicopatia forse, e di certo del suo possibile trattamento o meglio della prevenzione.

Gli antenati di James Fallon: tra i suoi avi Lizzy Borden e Thomas Cornell

A questo punto James ha fatto quello che chiunque di noi farebbe in una situazione di questo tipo: è andato a parlare con sua madre.

Ma qui le cose, invece di risolversi, si sono complicate.

La mamma di James Fallon infatti, appena saputa tutta la storia, invece di rassicurarlo gli disse di non essere sorpresa, dato che nel loro albero genealogico di serial killer ce n’erano eccome.

E non si sta parlando di psicopatici qualunque, ma di Lizzy Borden e Thomas Cornell.

Lizzy Borden venne accusata, nel 1892 di aver sterminato con un’ascia la propria famiglia. Assolta dall’accusa di omicidio con una sentenza clamorosa nonostante i pesanti indizi, resta il dubbio sulla sua colpevolezza.

Thomas Cornell, il bisnonno di James, venne invece impiccato nel lontano 1667 per l’omicidio della madre.

All’appello poi la mamma di Fallon chiamò altri 5 presunti assassini, meno noti ma sempre assassini.

Qual era il punto dunque? Che non tutti gli psicopatici uccidono? Poco rassicurante forse.

Fallon spiega meglio questo concetto: “Sono odiosamente competitivo“, dice. “Faccio cose da idioti che fanno arrabbiare la gente, ma anche se sono aggressivo, la mia aggressività è sublimata. Preferirei battere qualcuno in una discussione piuttosto che picchiarlo“.

Possibile che il neuroscienziato abbia trovato il fattore di protezione per la psicopatia in modo che non sfoci nell’omicidio seriale?

L’ipotesi è plausibile, se consideriamo che a parità di genetica e di anatomia cerebrale, alcuni uccidono e altri, come Fallon, no.

Ero amato e questo mi ha protetto“, dice. Davvero basta l’amore? Ci piace pensare di sì.

Ma anche a questo c’è una risposta che arriva dalla scienza.

Il fattore di protezione dalla psicopatia: il ruolo dell’amore

La ricerca suggerisce quanto segue.

Abbiamo un allele, cioè una delle diverse forme in cui un gene può manifestarsi.

Poi abbiamo una proteina governata da questo allele, e un neurotrasmettitore (la serotonina) trasportata dalla proteina nel cervello.

Ebbene, questo piccolo allele potrebbe influenzare l’attività dell’area del cervello che negli psicopatici è particolarmente sensibile, cioè la corteccia prefrontale ventromediale, in due direzioni.

Da un lato, ed è generalmente quello che accade nei serial killer, esporre il soggetto a tendenze psicopatiche; dall’altro può rendere quell’area più ricettiva a influenze ambientali anziché genetiche.

Quindi l’amore, inteso come esperienza ambientale, può aver trovato posto nella teoria.

Il libero arbitrio dei serial killer: cosa ci insegna la storia di James Fallon

Fallon, a commento della sua incredibile storia, dice: “Da quando ho scoperto tutto questo e ho iniziato a studiarlo, ho fatto uno sforzo per cercare di cambiare il mio comportamento“.

Ecco che Fallon introduce un elemento chiave: il libero arbitrio.

Si sforza di pensare ai sentimenti degli altri quando deve prendere una decisione importante, e cerca di fare sempre la cosa giusta.

Tuttavia specifica che questa sua attenzione non nasce da un cambiamento interiore per il quale improvvisamente sarebbe diventato empatico o gentile, ma per una decisione razionale.

Questo ci riporta al discorso iniziale. Serial killer si nasce o si diventa?

La storia di Fallon ci insegna molto, e ci conferma che a parità di predisposizione l’ambiente, l’amore, la scelta, e il libero arbitrio possono fare la differenza.

Ci si chiede cosa sarebbe accaduto se Aileen Wuornos, Ted Bundy, Charles Manson e i peggiori criminali avessero avuto una storia di vita diversa e se questo sarebbe bastato a evitare tante morti.

Forse non lo sapremo mai, o forse la scienza è vicina a darci una risposta.

Magari, anche se non ci confortano più di tanto, valgono ancora le parole del Professor Blask dell’Università di Norimberga quando dice: “Il sociopatico non è spinto da quello che comunemente s’intende per cattiveria. Infatti si trova assolutamente al di là del bene e del male, ed è spinto ad agire solo da un’indifferenza assoluta“.

O forse, è bello pensare come Jimi Hendrix che “Quando il potere dell’amore supererà l’amore per il potere, il mondo potrà scoprire la pace“.

A voi scegliere.

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Fonti usate

Fallon, J. (2010). A neuroscientist uncovers a dark secret. In

https://www.npr.org/2010/06/29/127888976/a-neuroscientist-uncovers-a-dark-secret

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