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All’interno delle teorie della devianza, un posto importante è riservato alla teoria della devianza di Emile Durkheim e alla sua analisi del comportamento criminale che ha una matrice sociologica.
Il sociologo francese, contemporaneo dei colleghi della scuola di Chicago, si interrogò anch’egli sulla genesi della devianza. Vediamo dunque cosa afferma questa teoria della devianza.
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Emile Durkheim: la natura dell’uomo è distruttiva
La considerazione da cui partì il sociologo riguarda la natura intrinseca dell’uomo.
Egli la riteneva intimamente distruttiva.
Da ciò derivava l’assunto per il quale l’ordine sociale andasse imposto e mantenuto in maniera attiva, non essendo quindi naturale.
Il punto di vista dell’autore era chiaramente improntato alla visione sociologica della collettività, e riguardava il modo in cui la stessa svolge il suo influsso sull’essere umano.
La domanda era come si mantiene l’ordine sociale.
Cosa mantiene l’ordine sociale secondo Durkheim
Se si parte dall’assunto per il quale la natura dell’uomo sia intrinsecamente distruttiva, allora la deduzione è duplice:
- da una parte l’ordine sociale non è un processo naturale;
- dall’altra deve esistere un fattore esterno che lo mantiene.
La sifda per il sociologo era capire cosa fosse, soprattutto in un momento come quello della rivoluzione industriale che aveva apparentemente spezzato i legami tra gli individui su cui si basava la società precedente.
Durkeim non si interessava della psiche in quanto tale, non essendo uno psicologo, ma studiava il modo in cui la società influenza la psiche.
A tenere saldi i rapporti tra i cittadini non sarebbe stata quindi l’esistenza di legami individuali, ma di quelli che chiamava fatti sociali.
Per fatti sociali Durkheim intendeva una sorta di impalcatura fatta di norme e tradizioni che modellano l’individuo. Scriveva: “i fatti sociali intesi come realtà che non appartengono alla coscienza individuale, che la oltrepassano, che non possono essere influenzati tanto dall’individuo, quanto da quella stessa realtà che è la società come dimensione a sé“.
Quindi, per capire cosa tiene insieme gli individui e permette un ordine sociale, si deve analizzare la forma stessa dell’organizzazione sociale in cui quegli individui sono nati e cresciuti.
Emile Durkheim: per capire il comportamento criminale analizzare la società
Durkheim era convinto, da sociologo, che per comprendere la devianza e il comportamento criminale dell’essere umano si dovesse analizzare la società e il modo in cui questa influisce sui suoi membri.
Allo stesso tempo affermava che la società stessa non fosse solo un insieme di coloro che la costituiscono, ma assumesse una forma specifica fatta di norme condivise, di valori e di dettami etici; sono queste norme a dare un’impronta ai cittadini.
La conseguenza è quindi che la devianza nasce e si sviluppa all’interno della propria società di riferimento.
Devianza e rivoluzione industriale: quale collegamento?
Un aspetto da considerare quando si discute una teoria, e questo è vero sempre, è il contesto in cui nasce.
Non solo Durkheim ha un punto di vista da sociologo, ma opera durante la rivoluzione industriale. Al pari dei teorici della scuola di Chicago quindi riteneva questa rivoluzione una delle cause principali dell’allora disgregazione sociale.
In effetti la società stava cambiando profondamente, e quelli che prima erano dei centri rurali omogenei dal punto di vista sociale e culturale, si andavano trasformando in agglomerati eterogenei.
Questa comportava la mancanza di un substrato comune e la proliferazione di comportamenti devianti a causa dell’assenza di norme condivise.
Comportamento criminale: la mancanza di solidarietà organica di Emile Durkheim
Secondo il sociologo Emile Durkheim, all’interno della sua teoria della devianza c’era spazio per la soluzione del comportamento criminale.
A suo dire infatti la coesione della comunità si poteva ancora recuperare, e questo perché era cambiata ma non persa per sempre.
Chiamava quindi in causa la cosiddetta solidarietà organica, composta da tre dimensioni:
- autonomia, cioè la scelta autodeterminata del cittadino di volersi integrare nella propria comunità rispettando le sue regole;
- disciplina, quindi il comportamento attivo messo in atto per rispettare le regole suddette;
- attaccamento,cioè il senso di appartenenza alla comunità e alle sue figure di riferimento.
Dall’anomia al comportamento criminale: la teoria di Emile Durkheim
Il punto di passaggio, secondo Durkheim, che può portare l’uomo a delinquere, è l’anomia.
Si tratta della mancanza di norme, determinata a sua volta dal venir meno dell’attaccamento.
Starebbe proprio lì il rischio di nascita e diffusione della devianza.
Secondo Durkheim però non era possibile, o quantomeno era molto difficile, ripristinare l’ordine in una società deviante; il motivo è che se la società è costituita da soggetti deboli, il comportamento criminale attecchisce più facilmente.
Comportamento criminale: per Emile Durkheim la soluzione è la solidarietà meccanica
Se la mancanza di solidarietà organica è alla base del comportamento criminale, per Emile Durkheim la soluzione può essere rinvenuta nell’applicazione della solidarietà meccanica.
Si tratta di un tipo di solidarietà che va costruita in modo attivo, senza la quale la società industriale non può resistere.
Necessaria era quindi la coesione che permettesse ai membri della comunità di ritrovarsi spesso per rinnovare l’attaccamento.
Questo era il modo per contrastare la disgregazione che la società industriale aveva generato.
Si doveva creare un gruppo che stabilisse ciò che era giusto e cosa non fosse accettato, punendo chi non si adeguava.
Il reato per Durkheim regola i valori della società
Come viene considerato a questo punto il reato?
Secondo Durkheim prima di tutto il reato è un fatto sociale normale.
Il motivo è che una società senza reati non è concepibile, essendo la stessa composta da soggetti che per loro natura sono portati a delinquere.
In secondo luogo però il reato assumeva un valore sociale positivo. Il motivo è che chi delinque viene punito, permettendo alla società di interrogarsi ed evolvere, introducendo valori aggiornati.
La devianza, nata in seno alla società, ne è anche una regolatrice morale.
Emile Durkheim e la concezione dell’omicidio
Secondo Durkheim, esisteva un reato più immorale degli altri, e per lui era l’omicidio.
Il motivo è che, a suo dire, questo reato o meglio le conseguenze che determinava, erano in conflitto con l’evoluzione della morale collettiva.
In passato, diceva, il sentimento collettivo più forte riguardava il gruppo, inteso come famiglia o collettività.
Nel presente invece questo sentimento collettivo si era spostato sull’uomo, sul soggetto, sull’individuo.
Scriveva ancora Durkheim: “Il motivo per cui l’omicidio è oggi proibito è il fatto che la persona umana è l’oggetto di un rispetto religioso, che, un tempo, era rivolto a tutt’altro“.
Così, a seconda del tasso di omicidi registrato in una certa comunità, si poteva dedurre il grado di diffusione del rispetto per l’uomo.
La devianza serve? Secondo Emile Durkheim si
Studiando la devianza, Durkheim voleva sottolineare come questo fenomeno fosse importante non tanto, o non solo, per sé stesso, ma soprattutto per quello che rappresenta.
Consente infatti di sottolineare i cosiddetti rituali collettivi del processo e per infliggere la punizione al deviante.
Per evidenziare ciò che è morale, serve l’immorale infatti.
È solo quando l’individuo trasgredisce una norma che quella norma può essere compresa.
Per ribadire quali siano i confini di una società, è necessario che quei confini vengano oltrepassati.
Ma non solo, è la punizione penale che ha la vera funzione simbolica. Serve a ribadire la giustezza dei modelli di moralità assunti dalla società.
Chi devia viene indicato come colui che viola la moralità, e serve quindi in senso simbolico.
La società ha bisogno del cattivo per ricordare a tutti, o forse per rassicurare sé stessa, di quanto sia buona.
Il limite però viene superato qundo il cattivo non è tale, ma diventa un capro espiatorio che semplicemente contesta le norme se le ritiene sbagliate.
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Fonti utlizzate
Durkheim, É. (1894). Les règles de la méthode sociologique. Revue Philosophique de la France et de l’Étranger, 37, 465-498.
Durkheim, É. (1895). Crime et santé sociale. Revue philosophique de la France et de l’étranger, 39, 518-523.
Durkheim, E. (2023). Le crime: un phénomène normal. BoD-Books on Demand.
Gennaro, G, (2000). Manuale di sociologia della devianza. Franco Angeli
Giacca, F., (2001). Emile Durkheim e il comportamento deviante, in Rivista online Diritto.it
Rol, C. (2022). Émile DURKHEIM, Leçons de sociologie criminelle. Revue européenne des sciences sociales. European Journal of Social Sciences, (60-2), 283-286.