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Il delitto di Arce, un piccolo comune nella provincia di Frosinone, è un cold case che ha sconvolto l’Italia e suscitato l’interesse di giornalisti, investigatori e appassionati di criminologia.
L’omicidio di Serena Mollicone, rimasto a oggi irrisolto è uno dei casi di cronaca nera più discussi e controversi in Italia.
Serena, una giovane ragazza di 18 anni, scomparve il 1° giugno 2000 a Arce, un piccolo comune della provincia di Frosinone, nel Lazio. La sua morte e il successivo sviluppo delle indagini hanno suscitato un profondo interesse dell’opinione pubblica, non solo per la brutalità del crimine, ma anche per gli aspetti legati alla giustizia e alla verità.
In questo articolo ricostruiamo l’omicidio di Serena Mollicone fino a oggi.
La scomparsa di Serena Mollicone
Serena Mollicone, studentessa e atleta, era conosciuta per la sua vivacità e il suo spirito libero. Il giorno in cui scomparve, aveva fatto visita al suo luogo di lavoro, un negozio di articoli sportivi.
Dopo essere uscita, non sarebbe più tornata a casa. La sua famiglia, preoccupata, denunciò la scomparsa alle autorità.
Le ricerche iniziarono immediatamente, coinvolgendo forze dell’ordine e volontari locali. Tuttavia, i tentativi di trovare Serena si rivelarono vani.
Quell’estate Serena avrebbe dovuto sostenere l’esame di maturità; studiava al liceo socio-psico-pedagogico Vincenzo Gioberti di Sora.
Il giorno della scomparsa, come attestao dall’agenda che aveva con sé, si sarebbe dovuta sottoporre a una radiografia ai denti all’ospedale di Isola del Liri. Poi avrebbe dovuto incontrare il ragazzo con cui usciva in quel periodo.
Questo caso, almeno all’inizio, ricorda la storia di Yara Gambirasio, perché il papà di Serena, allarmato dalla sua scomparsa, esce di casa e inizia a cercarla. Le informazioni che riesce a trovare sono di Serena che litiga con un ragazzo dai capelli biondi davanti a un bar. La versione sul momento viene confermata dalla proprietaria stessa del bar e da un carrozziere, Carmine Belli.
Delitto di Arce: il ritrovamento del corpo di Serena Mollicone
Appena due giorni dopo il corpo di Serena Mollicone viene ritrovato dala Protezione Civile.
Serena è morta, abbandonata dietro un cassone della spazzatura sotto rami e foglie. ha la bocca coperta da un nastro adesivo e le mani e i piedi legati con del fil di ferro.
Tremendo sarà il responso dell’autopsia: Serena era ancora viva ed è morta per asfissia. Poteva salvarsi, proprio come Yara.
I primi misteri e dubbi sul delitto di Arce
Fin da subito accadono cose strane che verranno addebitate a tentativi di depistaggio.
Il diario e il cellulare di Serena Mollicone
La prima cosa strana accade quando il maresciallo Franco Mottola, poi finito sotto processo, si reca a casa di Serena Mollicone.
Non si era ancora trovato il corpo della ragazza ma lui prese il suo diario.
Diario di cui nei verbali e negli atti non vi sarà traccia.
Poiché accanto al corpo di Serena non era stato rinvenuto il cellulare, fatto anomalo, i carabinieri tornarono a casa sua dopo la visita di Mottola. Del cellulare però non vi era traccia.
In modo inspeigabile però, a distanza di 3 giorni da quella perquisizione, il cellulare compare nel cassetto del comodino di Serena.
Tra i contatti vi è, al numero 666, il nome “Diavolo”. Appare evidente fin da subito che si tratta di un maldestro tentativo di depistaggio.
Il coinvolgimento del papà di Serena Mollicone
Un’altra assurda situazione si cerificò quando, di nuovo, il maresciallo Mottola convocò il papà di Serena in caserma.
In realtà papà Guglielmo, poi morto d’infarto nel novembre del 2019, venne addirittura prelevato nel corso del funerale, davanti a tutti.
Mottola dirà di aver ricevuto l’ordine direttamente dal procuratore di Cassino, il dottor Gianfranco Izzo. Izzo smentirà.
Ufficialmente Guglielmo fu prelevato per firmare l’atto di ritrovamento del cellulare di Serena, ma chiaramente quella mossa portò tutti a sospettare di lui, e quindi a sviare i sospetti su altre persone.
L’arresto del carrozziere Carmine Belli
Anche l’arresto del carrozziere Carmine Belli, che aveva testimoniato subito dopo la scomparsa di Serena, fu un depistaggio.
Belli fu un vero e proprio capro espiatorio, in quanto lo si rinviò a giudizio nel 2003 per l’omicidio di Serena.
Assolto in tutti e 3 i gradi di giudizio, passò comunque 1 anno e mezzo in carcere.
Guarda caso, il ragazzo che Belli aveva visto litigare con Serena il giorno della scomparsa, era Marco, il figlio del maresciallo Mottola.
La svolta sul delitto di Arce: il suicidio di Santino Tuzi
I fili intrecciati del delitto di Arce iniziano a dipanarsi. Nel 2008 il carabiniere Santino Tuzi, in forze alla caserma di Arce, si spara nella sua auto. Sul momento si disse che il gesto era da attribuirsi al fatto che aveva un’amante. La verità è che solo pochi giorni prima Tuzi aveva dichiarato agli inquirenti che quel 1 giugno del 2001 aveva visto Serena entrare in caserma e non uscirne mai più.
La pista dello spaccio di Hashish di Marco Mottola
Cosa era andata a fare Serena Mollicone il 1 giugno del 2001 nella caserma di Arce?
Il carrozziere Belli l’aveva vista litigare con un ragazzo biondo, che poi era il figlio del maresciallo Mottola.
La procura di Cassino proseguì le indagini, scoprendo che Serena Mollicone probabilmente si era recata in caserma per denunciare Marco Mottola.
Pare che il giovane, usando addrittura la caserma come copertura, spacciasse hashish.
Tuzi quindi affermò di aver visto Serena entrare in caserma ma disse di non averla vista uscire.
Poi ritrattò, ma quindi si uccise.
Stava emergendo un’ipotesi terrificante, e coè che Serena Mollicone avesse trovato la morte in una caserma, luogo simbolo di sicurezza, per mano di chi avrebbe dovuto proteggerla.
Delitto di Arce: i Mottola sotto accusa
Questi fatti portarono all’incriminazione della famiglia Mottola, il padre maresciallo Franco, il figlio Marco e la moglie. Le accuse erano gravissime: omicidio volontario e occultamento di cadavere.
La ricostruzione dei fatti da parte degli inquirenti parlava del litigio avuto da Serena con Marco davanti al bar di Arce. Poiché la regazza aveva dimenticato i suoi libri nell’auto del ragazzo, si sarebbe recata in caserma per recuperarli, dato che i Mottola avevano lì un alloggio.
Lì avrebbe discusso nuovamente con i suoi assassini, e forse alla minaccia di denuncia sarebbe stata uccisa e poi il suo corpo nascosto dietro il cassonetto.
La richiesta di archiviazione per i Mottola e l’opposizione del GiP
Nonostante 4 anni di indagini, la Procura di Cassino chiede l’archiviazione del procedimento contro i Mottola, perché non ravvisa prove a loro carico. Il Giudice per le Indagini Preliminari però respinge la richiesta.
Delitto di Arce: la riesumazione del cadavere di Serena Mollicone
Dopo l’opposizione del GiP si riesumò il corpo di Serena. Dall’autopsia emerse che vi era compatibilità tra una ferita alla testa della ragazza e un segno rinvenuto su una porta nella caserma di Arce.
I Mottola a processo per il delitto di Arce
Questa è la svolta che permette di rinviare a giudizio i Mottola, nel 2020. Assieme a loro anche un altro carabiniere, Quatrale, che secondo l’accusa era presente quel 1° giugno del 2001 e che avrebbe istigari Tuzi al suicidio. Ancora, il brigadiere Suprano, per favoreggiamento.
Secondo la ricostruzione dell’accusa Serena Mollicone sarebbe stata colpita dentro la caserma proprio da Marco Mottola. Ferita e agonizzante, i suoi carnefici l’avrebbero trasportata ancora viva dietro il cassonetto dove fu rinvenuta. Ad aiutare Marco Mottola sarebbero stati i genitori, invece di prestare soccorso a Serena o denunciare i fatti. Addirittura, si applicò a Serena del nastro adesivo sulla bocca. Si ricorda che il papà di Serena, Guglielmo Mollicone, morì prima dell’inizio del processo, il 31 maggio del 2020.
Il processo di primo grado: i Mottola assolti
La prima udienza si tenne il 19 marzo 2021.
In tutto ve ne furono 47, fino ad arrivare al 2022. Nonostante le richieste dei Pubblici Ministeri:
- 30 anni per Franco Mottola;
- 24 anni per Marco Mottola;
- 21 anni per Anna Maria Mottola;
- 15 anni per Vincenzo Quatrale;
- 15 anni per Francesco Suprano
tutti gli imputati vennero assolti.
Il processo d’appello: i Mottola ancora assolti per il delitto di Arce
Il 26 ottobre del 2023 inizia il processo di appello a carico della famiglia Mottola e di Suprano e Quatrale.
Di nuovo l’accusa aveva chiesto:
- 24 anni di carcere per il maresciallo dei carabinieri Franco Mottola;
- 21 anni per Marco Mottola, il figlio;
- 22 anni per la moglie Anna Maria;
- 4 anni per Suprano;
- l’assoluzione per Quatrale pe rmancanza di prove.
Il processo durò 9 mesi, nel corso dei quali si ascoltarono consulenti e testimoni, ben 44, di cui 3 mai auditi.
Ancora, si assolsero tutti gli imputati, e i giudici della corte d’Appello di Roma condannarono le parti al pagamento delle spese processuali. Tra loro anche i famigliari di Serena che avevano ricorso in Appello dopo la sentenza di assoluzione di primo grado.
La ricostruzione del delitto di Arce secondo i Pubblici Ministeri: Serena poteva essere salvata
Il delitto di Arce e l’omicidio di Serena Mollicone ricorda quello di Marco Vannini, lasciato morire dopo ore di agonia.
Secondo l’accusa Serena, ancora in vita quando fu abbandonata, poteva essere salvata.
La ragazza avrebbe perso i sensi quando Marco Mottola l’avrebbe sbattuta contro una parta della caserma.
Lo ha confermato Cristina Cattaneo, l’anatomopatologa del Labanof di Milano, che ha testimoiato durante il processo d’Appello.
“La morte di Serena non è stata immediata la sua agonia è durata da una a dieci ore e quindi poteva essere salvata”, ha detto la Cattaneo, trovando anche la compatibilità della ferita alla testa con il montante della porta.