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L’amplificazione sociale del rischio di Kasperson afferma in sostanza che i media falsificano il mondo.
È realmente così? La risposta è si. In questo articolo si spiegherà perché.
Amplificazione sociale del rischio di Kasperson: di cosa si tratta
Nel 1988 Kasperson e i suoi colleghi elaborarono la tesi secondo la quale gli eventi pericolosi e la loro rappresentazione sui media interagiscano con processi psicologici, sociali, istituzionali e culturali.
Questa rappresentazione può di fatto attenuare o al contrario amplificare la percezione del rischio del loro verificarsi e le loro conseguenze.
A sua volta la percezione alterata (e guidata quindi) sarebbe in grado di modellare il comportamento degli individui, indirizzandolo in una determinata direzione.
Se a questo si unisce la teoria della coltivazione di Gerbner che spiega come i media ci coltivino fin da piccoli, il quadro appare completo e allarmante.
Amplificazione sociale del rischio: quanto è attuale questa teoria?
Gli autori si interessano molto della declinazione delle teorie nel mondo reale.
Sono state quindi accumulate prove considerevoli che fenomeni di attenuazione e intensificazione del rischio si sono verificati in America e in Europa negli ultimi anni, soprattutto in relazione alle emergenze sanitarie, ambientali e relative alla criminalità.
Questo spinge, o dovrebbe farlo, le autorità a ripensare alle strategie di comunicazione in questi ambiti.
La distorsione della realtà nella teoria della percezione del rischio: siamo così manipolabili?
Anche in questo caso la risposta appare positiva.
Kasperson studiava la percezione del rischio, e si chiedeva come mai, nonostante il fatto che alcuni temi non presentassero pericoli obiettivamente alti, la percezione pubblica era di allarmismo e urgenza.
Così ha ampliato lo studio del rischio comprendendoci prospettive psicologiche, sociologiche e culturali con effetto sul comportamento correlato.
Arrivò quindi a ipotizzare che i pericoli interagiscano con processi psicologici, sociali, istituzionali e culturali in modo tale che la risposta a un evento si amplifica rispetto alla reale portata dell’evento stesso.
Il meccanismo avverrebbe in due fasi:
- in un primo momento i media e le istituzioni trasferiscono informazioni sul rischio relativo a un certo evento;
- poi la società risponderebbe a questa trasmissione.
All’interno della società opererebbero quelle che Kasperson chiama “stazioni di amplificazione”, che hanno una natura individuale e sociale.
Le stazioni di amplificazione del rischio: il ruolo degli esperti nella diffusione dell’allarmismo
Chi sarebbero questi amplificatori?
Per Kasperson sono:
- scienziati che comunicano la valutazione del rischio;
- le reti interpersonali, quindi amici e parenti con i quali si discute ogni giorno di cronaca;
- i gruppi culturali come quelli presenti sui social;
- appunto i media.
In ognuna di queste fasi e a ognuna di queste stazioni il rischio, amplificato, provoca delle reazioni comportamentali spropositate e non aderenti alla realtà.
Questa errata percezione indotta dipenderebbe da quello che si chiama “bias cognitivo“, cioè un errore del giudizio che ci porta a mal interpretare la realtà e in questo caso la reale gravità di un evento. Quindi in base a questo errore si amplificherebbe (o attenuerebbe) il messaggio originario.
La costruzione sociale della paura
La costruzione sociale della paura è il risultato di questo meccanismo.
È interessante notare come (come nel caso della cultivation theory di Gerbner) questa teoria sia stata sviluppata negli anni ’80 ma risulti molto attuale, anzi sempre più attuale.
Per esempio il SARF si può usare per progettare una vera e propria strategia comunicativa del rischio finalizzata al coinvolgimento del pubblico.
La SARF integra diverse teorie del rischio
Nel campo dell’analisi del rischio, pericoli e rischi si definiscono principalmente in senso tecnologico.
La portata della SARF sta nell’aver esteso lo studio dei suddetti pericoli dalle reali minacce per le persone a ciò che le persone credono sia una minaccia.
Quindi Kasperson ha compreso all’interno della definizione tecnica del rischio, discipline quali:
- la teoria psicometrica ed euristica degli affetti, che studia il modo in cui gli individui formulano giudizi su rischi e pericoli e su come si affidano in questo giudizio alle emozioni;
- ancora la teoria dei media e della comunicazione che studia il modo in cui comunichiamo il rischio e l’incertezza;
- poi la cosiddetta teoria culturale che studia il modo in cui le visioni culturali del mondo prediligono le percezioni del rischio;
- infine la teoria organizzativa e di economia politica, che spiega come le forze sociali entrino nelle politiche pubbliche e nei processi decisionali.
Ne deriva, secondo la SARF, che i politici e gli “esperti” si convincano che la soluzione non sia ampliare la comprensione del rischio nella popolazione, ma insegnare agli individui a pensare come loro.
Dall’amplificazione sociale del rischio di Kasperson al modello del deficit della conoscenza
La National Academy of Science, nel suo Report del 2017, afferma che questo modello definito “modello di deficit di conoscenza” sia ancora inappropriatamente influente.
In sostanza il pubblico si basa sulle conoscenze che gli vengono date come certe e assolute.
Così. in base a quelle, nonostante siano deficitarie perché scarse e distorte (o meglio amplificate) si scatenano dei comportamenti allarmistici.
Se si pensa che sono proprio gli esperti e addirittura gli influencer ad amplificare i segnali su ogni argomento, si capisce quanto sia importante comprendere e conoscere queste teorie.
Le stazioni di amplificazione sociale generano e trasmettono informazioni tramite canali di comunicazione quindi, che sono i media tradizionali, i social media e le conversazioni dirette.
Inoltre, ogni soggetto è anche coinvolto in processi di amplificazione o attenuazione, agendo così come una stazione di amplificazione per le presentazioni correlate al rischio.
Kasperson immaginava questo processo come quello delle increspature in uno stagno per riferirsi a come gli impatti associati all’amplificazione sociale del rischio si diffondano verso l’esterno o rimangono all’interno.
Il tempo e lo spazio sono elementi importanti per la diffusione, e dato che oggi grazie ai social media la diffusione delle notizie è immediata e pervasiva, il fenomeno è diventato ancor più preoccupante.
Studi attuali sull’amplificazione sociale del rischio: dal cambiamento climatico alle emergenze sanitarie
Secondo diversi autori i social media dovrebbero essere considerati una stazione di amplificazione importante in grado di confondere la comunicazione tra giornalista e consumatore di notizie.
Uno dei motivi è che l’amplificazione del rischio su questo media si intreccia con l’interesse motivo dell’autopromozione.
Ciò vuol dire che le persone cercano di legare i propri interessi personali al dibattito in corso sul rischio nel momento in cui condividono le informazioni.
Ad esempio uno studio ha mostrato come gli utenti di Twitter erano meno inclini a condividere informazioni sui rischi se erano preoccupati per la presenza di disinformazione.
Ancora, un altro studio ha confrontato il ruolo dei media tradizionali e dei social media nel plasmare le percezioni del rischio di foschia da incendi boschivi e febbre dengue. Hanno scoperto che i social media erano molto più efficaci, forse perché era più facile condividere immagini che documentavano la foschia.
Come reagire?
La soluzione ideale sarebbe quella di informarsi autonomamente sugli argomenti che ci vengono proposti come allarmanti, leggendo le reali statistiche.
Fonti utilizzate
Fellenor, J., Barnett, J., Potter, C., Urquhart, J., Mumford, J. D., & Quine, C. P. (2020). ‘Real without being concrete’: the ontology of public concern and its significance for the Social Amplification of Risk Framework (SARF). Journal of Risk Research, 23(1), 20-34.
Kasperson, J. X., Kasperson, R. E., Pidgeon, N., & Slovic, P. (2013). The social amplification of risk: Assessing fifteen years of research and theory. The feeling of risk, 317-344.
Kasperson, R. E., Webler, T., Ram, B., & Sutton, J. (2022). The social amplification of risk framework: New perspectives. Risk Analysis, 42(7), 1367-1380.
Pidgeon, N., & Henwood, K. (2010). The social amplification of risk framework (SARF): theory, critiques, and policy implications. Risk communication and public health, 53-68.
Zhang, X. A., & Cozma, R. (2022). Risk sharing on Twitter: Social amplification and attenuation of risk in the early stages of the COVID-19 pandemic. Computers in Human Behavior, 126, 106983.